Perché non possiamo non dirci bachiani

Henryk Gòrecki – “Sinfonia n.3, Adagio”

Il colpevole, come sempre, abita a Copertino. Lui e il suo marketing spietato: gli aggiornamenti, le librerie condivise, “completa l’album”, “la tua lista dei desideri”, e il maledetto Genius (hai comprato questo? allora ti piacerà pure quell’altro). Il nostro, melista entusiastico e acritico, cade in tutti i tranelli. Scarica, esplora, supporta, regala, aggiorna; alla fine acquista, per la gioia di Steve Jobs. Così un ultimo, micidiale pacchetto (3000 brani aggiornati in iTunes plus per la modica spesa di 326€) gli consegna musica non richiesta, palesemente distante dai suoi parametri. E lui, l’inflessibile bachiano, si ritrova ad ascoltare l’aborrita musica contemporanea, nella partitura di un religiosissimo polacco, Henryk Gòrecki.

Mettiamo però tutti i puntini sulle i. Qui non si parla di nulla che abbia a che fare con la disastrosa, ideologica deriva atonale e dodecafonica, quella che imponeva ridicole regole giacobine e egualitarie per cambiare la musica come – in parallelo – stava cambiando il mondo. Per la gioia delle nostre società e delle nostre orecchie, la storia ha spazzato via insieme la dodecafonia e il comunismo.

Né c’è traccia di astratto e capotico sperimentalismo, nella Sinfonia n.3 di Gòrecki. E neppure di musica aleatoria, o concreta, o spettrale, o micropolifonica, o neodadaista, per citare alcune delle etichette appioppate a mille inconsistenti suggestioni del XX secolo. Qui si parla, invece, di minimalismo: ossessiva ripetizione di temi scarni ed elementari, con successive infinitesime variazioni. Un po’ ritorno all’antico, un po’ – diciamola tutta – pensiero debole applicato alla musica. Suggestivo e intenso, come nel caso della sinfonia di Gòrecki, e in particolare nel toccante “Adagio“. Ma nulla di più.

Il roccioso bachiano non vuole offendere nessuno e non intende passare come un bieco reazionario. Negli anni ha accompagnato le evoluzioni di Bob Fripp e il suo incontro con Brian Eno,  ha seguito con deferenza Philip Glass, si è rotto la testa con Steve Reich, è stato deluso da Michael Nyman, si è finanche innamorato per un po’ di Gavin Bryars. Trovando sempre conferma alla sua convinzione: anche il secolo breve, produttore di rivoluzioni, guerre e coscienze sconvolte, nulla ha potuto contro l’insuperato Kapellmeister di Eisenach. Nei suoi momenti migliori, ha semplicemente attinto dalla sua inesauribile fonte.