E’ morto Lucio Magri, dirigente della sinistra italiana, nato politicamente nella Dc, cresciuto nel Pci, tra i fondatori del Manifesto, poi di Rifondazione, ecc… A quasi 80 anni è andato consapevolmente a spegnersi in Svizzera, con l’aiuto di un amico medico e grazie ad una legislazione che consente il suicidio assistito. Una storia da rispettare, quella di un essere umano che programma meticolosamente la sua morte. Per le gazzette, una storia da raccontare. Ma lo fa solo – con un’esclusiva che già la dice lunga – Simonetta Fiori su Repubblica. E qui – per quello che mi riguarda – finisce la dolorosa storia di Magri, e ne comincia un’altra: quella della sinistra italiana, almeno di un suo pezzo – purtroppo – mediaticamente significativo.
La Fiori ne pennella con partecipazione affettuosa la quintessenza. “È tutto in ordine, in piazza del Grillo, nel cuore della Roma papalina e misteriosa, a due passi dalla magione dove morì Guttuso, pittore amatissimo ma anche avversario sentimentale. Niente sembra fuori posto, il parquet chiaro, i divani bianchi, i libri sulla scrivania Impero, la collezione del Manifesto vicina a quella dei fascicoli di cucina, si sa che Lucio è un cuoco raffinato… in cucina Lalla, la cameriera sudamericana, prepara il Martini con cura, il bicchiere giusto, quello a cono, con la scorza di limone…”. “Lucio non sapeva usare il bancomat né il cellulare”, racconta una giovane amica… Più avanti: “… lui grande giocatore di scacchi, lui grande sciatore… ma attenzione a come ne scrivete, non era un vanesio, non era un mondano… dalle fotografie sui ripiani occhieggia lui, bellissimo e ancora giovane, un’espressione tra il malinconico e il maledetto…”. E così via.
Lo dico misurando con difficoltà le parole: la Fiori descrive un mondo che fa piuttosto schifo, fané, snob, autoreferenziale. Un mondo che vive bene, dentro begli appartamenti e con buone pensioni, con mogli fedeli e rassegnate fidanzate. Che si nutre di idiosincrasie e sbiadita aneddotica, di storie di corna e di antichi dibattiti, di odi mai sopiti e piccole pratiche di potere. Sempre continuando a prendersela con l’odiata e ingiusta società.
Per amor di Dio, che viva a lungo, questa specie di aristocrazia nera della sinistra italiana. Che continui a raccontarsi di rivoluzioni sognate e fallite, di manifestazioni gioiose e trame segrete, di storici convegni e storiche scopate. Abbia una sola attenzione: ad un certo punto qualche cameriera sudamericana rovescerà sulle loro stazzonate giacche di velluto tutto il Martini del mondo. Versandolo dal bicchiere giusto, quello a cono. Magari in memoria del compagno Magri, che non meritava il decadente epitaffio della Fiori.