Un vecchio diario

Ecco il diario che tenni per un po’, all’epoca del governo D’Alema. Va dall’ottobre del ’98 al luglio ’99. Buttavo giù appunti di ritorno a casa, quando ero incazzato perché non funzionava niente, quando non avevo voglia di lavorare. Poi smisi, in omaggio alla mia pigrizia. Riletto a distanza, il diario mi sembra ingenuo ma nell’insieme divertente. Lo riporto così come fu scritto, salvo qualche raro omissis.

Venerdì 16 ottobre 1998. D’Alema sta per mollare l ‘incarico di fronte alla difficoltà di mettere insieme Cossutta e Cossiga. Dopo aver incontrato Caltagirone tomo a Botteghe oscure e il quadro si va rapidamente evolvendo. Alle 13 Cossiga dichiara esplicitamente che vuole stare in maggioranza. Da allora la strada è in discesa. Alle 18 e 30 D’Alema va da Scalfaro (gustosi i preparativi, con il prefetto Immelli che arriva a Botteghe Oscure e si fa vedere da tutti i giornalisti, malgrado le mille precauzioni, e D’Alema che raggiunge il Quirinale su una Punto), la sera siamo a casa sua, io, Nicola e Cuperlo a fare il governo. Sono le 4 e 30 di sabato, comincio a pensare che l’avventura sta partendo. Il mio lavoro, dopo la pausa all’Unità, torna ad essere quello di sempre. È una condanna, un destino, o è quello che in realtà voglio fare?

Domenica la trascorriamo a Botteghe Oscure a fare telefonate ai prossimi ministri. Ci saltano Bonino e Cacciari. La prima in un paio di telefonate si guadagna la stima di D’Alema dicendo che vuole restare a fare il lavoro che fa, e rispettare fino in fondo il mandato ricevuto. Il secondo è un matto. Prima a D’Alema , poi a me, poi a Bassolino sostiene che vuole fare l’interlocutore del governo, restando nel Nord Est, organizzando non si sa bene cosa . Gli intrecci si fanno più complessi lunedì, quando D’Alema riceve l’incarico. Martedì pomeriggio io, D’Alema e Ornella siamo a casa Siola, ci restiamo fino a sera tardi completando la lista dei ministri che D’Alema porterà al Quirinale mercoledì mattina. D’Alema commette un errore capitale convocando Mussi, Salvi, Bassanini, Veltroni e Minniti il pomeriggio di mercoledì, per fare i sottosegretari. Mi chiama la sera, io e Cuperlo restiamo a vedere il discorso, e quelli nella stanza affianco a fare i nomi. Il giovedì mattina alle 8 sono a casa di D’Alema, fronteggio l’ultima offensiva di Violante su Burlando alla presidenza, e insieme a D’Alema, rinviando di un’ora il Consiglio dei ministri, cassiamo qualche nome osceno proposto da Salvi (la omissis tra questi). Poi siamo al lavoro.

***

Da giovedì 22 ottobre sono a palazzo Chigi, nell’ufficio più  grande. Me lo sono preso fottendolo a Minniti , anche se è  eccessivo e scomodo. Dovevo evitare che intorno a D’Alema circolasse troppa gente. Sabato e domenica sono a Klagenfurt con il presidente ed una corte di miracoli di diplomatici e cortigiani: gente inutile, a volte dannosa. Al ritorno, in aereo, facciamo il piano per la prima settimana. D’Alema sembra ben intenzionato: ha fatto bella figura al vertice, ora vuole darsi da fare. Naturalmente dovrà radicalmente cambiare il suo modo di lavorare. Ne sarà capace?

Vanno bene i primi giorni, anzi benissimo. Mettiamo su la struttura in tempi rapidi, con una certa efficienza, nel Palazzo dicono che funzioniamo. È importante diffondere questa impressione. Con D’Alema discutiamo spesso del metodo. Lui è pressato da tanti ed è tentato di rispondere alla vecchia maniera. Noi, io e Rossi in particolare, ma anche Nicola, cerchiamo di farlo resistere su una linea di innovazione. Bisogna resistere molto agli assalti di Bassolino, che vuole le deleghe per il Mezzogiorno. I problemi politici cominciano: Pinto è eletto al posto di uno dell’Udr alla commissione Giustizia del Senato. Di questi problemi si deve occupare Minniti. D’Alema, ci diciamo, deve svolgere la seguente mission: sulla base di un nuovo, moderno stile e metodo di governo, deve ricreare un rapporto forte con il paese e dare un posto dignitoso ali’Italia in Europa .

Comincia la routine, ed io entro in una fase blandamente creativa. Organizzo cose, tengo sotto D’Alema e gli altri, insomma si lavora. Faccio pace con la Melandri, e organizzo un vasto programma di iniziative che la comprendono. La prima uscita pubblica del presidente è tra i pensionati del centro anziani della Garbatella, mercoledì 4 novembre. Riprendiamo l’inglese, lo facciamo al piano di sopra, dove mangiamo non più la mela ma un pasto Messegué oriented. La crostata di martedì 3 è ottima, con visciole e mandorle.

***

Martedì 3 D’Alema si incontra con le forze sociali, e l’avvio è ottimo. Ma la notizia viene sommersa dal voto sulla commissione per Tangentopoli, poi ci sono i sindaci che fanno il loro movimento, la discussione sulla legge elettorale… insomma il fatto non viene valorizzato. È un difetto della nostra comunicazione, in parte anche voluto perché D’Alema vuole partire basso, ma la cosa mette anche in rilievo altro. D’Alema è per tutti il leader politico, non solo il capo del governo. Quindi gli viene addebitato ogni fatto politico: il dialogo con il Polo è questione sua, i sindaci polemizzano con lui. Come si evita tutto ciò? lo penso che il problema sia sopravanzare il teatrino politico con la concreta attività di governo. Questo c’è da fare. E, anche, darsi una teoria all’altezza. Non so se è il caso di farlo  all’assemblea congressuale, venerdì prossimo, forse lì no, ma bisognerà farlo alla prima occasione, con uno scritto, un saggio, un articolo, che affronti i temi fondamentali della politica oggi.

D’Alema scoppiettante, la mattina di giovedì. I giornali sono ottimi, gli incontri con le forze sociali vanno benissimo. Lui dice: “Dato che rappresentiamo una sparuta minoranza di italiani, facciamo in fretta le cose che ci sono da fare, e poi …”. Lui mantiene la sua visione negativa sugli italiani e su questo paese . È sbagliata. Cominciata bene, la giornata va male. Cuillo ha armato un casino su stanze, telefoni e quantaltro, che ha però me come obiettivo. Grande fibrillazione tra  le segretarie, clima brutto e pesante. La sera con Nicola finalmente facciamo un ragionamento serio sullo staff. È partita alla grande la campagna contro di noi (contro di me?!), ne abbiamo la conferma  il giorno dopo sull’Espresso. Che fare? Due cose. Convincere D’Alema che lo staff è cosa che rafforza il leader, non lo indebolisce. La seconda è formalizzarne l’esistenza per rendere  meglio  sul piano operativo. Naturalmente non è un caso che già dopo quindici giorni vi sia questo casino. Significa che funzioniamo, che siamo bravi. Non è neppure in discussione il  fatto, sacrosanto, che noi si debba subire, fare da schermo, prenderci un po’ di merda ogni tanto. Il punto è che il nostro ruolo possiamo svolgerlo meglio se abbiamo le spalle coperte e siamo rassicurati.

Del concetto di staff D’Alema raccoglie solo gli aspetti negativi: il fastidioso  carattere  di  “corte”,  l’esposizione pubblica, l’invidia e il senso di emarginazione degli altri. Potrebbe imparare quali sono gli aspetti positivi del lavoro di staff, definiti da un’ampia letteratura: lo sgravio di lavoro, la crescita di produttività , la circolazione delle idee, la nascita di un senso di appartenenza e di comunità. Così facendo, lo staff diventa innanzitutto meno esposto alle critiche perché legittimato, diventa espansivo perché meno preoccupato e ansioso. Come si affronta dunque il problema, che non è solo nostro ma anche di Minniti? Facendo proprio un diverso metodo di lavoro. Lo staff si riunisce (di norma ogni mattina) e, attraverso discussioni brevi, produttive, non sterilmente conflittuali, definisce le cose da farsi: esame dei giornali , agenda della giornata, riunioni e posizioni da tenere. Il leader ascolta, decide, affida i compiti, e la giornata comincia bene. Non si può perché la mattina D’Alema è catatonico e antipatico? Si potrebbe anche scegliere un’altra ora del giorno, ma in Italia , di norma , si comincia a lavorare di mattina e si finisce la sera. Non siamo ancora in condizione di regolare la vita del paese sui ritmi biologici del suo capo.

***

Ho parlato duro con D’Alema, dopo che Veltroni mi aveva  indirettamente  rimproverato  di aver nominato  capogruppo europeo Burlando. Ero andato da lui per parlargli con calma dello staff e del suo funzionamento, mi sono incazzato e gli ho fatto una sfuriata. Mi pare la abbia accolta comprendendone  i motivi. Abbiamo  deciso di fare una riunione per capire come dobbiamo funzionare. Si vedrà. Ne ho avuto anche per Marchini, che lui è andato a visitare nel fine settimana.  Gli ho  detto omissis, lui  ha confermato: “E’  dell ‘Opus Dei”.  Quando  ci  siamo  sentiti, domenica mattina, mi ha raccontato una battuta simpatica. Marchini aveva trovato un fungo. Lo aveva definito un “ex-porcino”. Lui gli ha detto: “Attenzione, perché se gli ex-porcini sono come gli ex-comunisti, si sa che cosa erano, ma  non si sa cosa sono diventati”. Fine. La settimana forse comincia bene, in un buon clima politico e meteorologico.

C’è Fede a palazzo Chigi, esce un’agenzia e D’Alema se la prende con lo staff. Esce un pezzo di Rampini sull’elettricità e se la prende con lo staff. Addirittura esce Colletti con delle dichiarazioni dissennate dopo l’incontro con D’Alema e lui quasi se la prende con lo staff. Il problema esiste, e noi lo dobbiamo affrontare. Ha diversi aspetti, che non elenco. Comunque un buono staff non indebolisce il leader, anzi lo rafforza. È tipico di una cultura vecchia (quella da cui proveniamo) segnare una demarcazione arcaica tra funzioni “politiche” e funzioni “tecniche”. Il politico, nel suo sinedrio, prende le decisioni. La loro attuazione diventa una funzione meramente accessoria, una finzione in realtà. Quello che interessa è che le decisioni siano prese, non attuate …

Nel fine settimana (14 novembre e seguenti) scoppia il caso Ocalan, il curdo accolto in Italia. D’Alema se la sbroglia bene nel briefing di lunedì. La mattina di martedì convulsioni per il discorso che deve tenere alle 12 in Aula. Lavoro con Fassino, Dassù, Verderame, Cuillo, Latorre, Cascella… tutti sulla palla, come all’oratorio. Il risultato è ottimo, buona la scaletta, naturalmente superbo D’Alema, che stende tutto il Parlamento. Il problema che mettiamo a fuoco è che, al di là delle emergenze, bisogna organizzare meglio l’agenda. Probabilmente devo metterci mano. La soluzione potrebbe essere darci un ‘organizzazione, tra me e Nicola, che affidi a lui le responsabilità “in entrata” delle cose di D’Alema, e a me quelle “in uscita”. Bisogna pensarci bene .

La vicenda Ocalan va analizzata bene. Intanto c’è stato all’inizio un piccolo buco nero. La mattina in cui D’Alema parlò con Minniti per dirgli di seguire la cosa… come nasce la faccenda? Chi ne ha parlato per primo a noi? La cosa va vista perché mette in causa i servizi italiani. Cosa hanno combinato?

Siamo a quasi a un mese dall’avvio della presidenza D’Alema. Possiamo fare un bilancio? Provvedimenti importanti approvati: la liberalizzazione dell’elettricità (passata sotto silenzio), e poi? Confusione e mancanza di comunicazione su scuola e lavoro. Diliberto dice quello che gli pare, i centri sociali vogliono un’intesa con il governo (ma di che si tratta?). Scognamiglio dice che va abolita la leva. E il governo che dice? E poi il casino di Ocalan. Schroeder ha fatto autocritica per i primi atti del suo governo. Potremmo fare altrettanto? Quali sono i principali problemi del governo D’Alema? 1) ognuno dice quello che cazzo gli pare. Si era detto dal primo momento che bisognava evitarlo. Si può dire una parola, si può fare qualcosa?; 2) deve essere più evidente il taglio innovativo e radicale del governo. Non è possibile che ogni cosa debba finire nel tritatutto della mediazione all’italiana.

***

La maledetta eredità negativa della sinistra rischia di farsi sentire sull’attività di governo: Ocalan, Telecom, scuola, centri sociali.

Il 26 e 27 novembre seguo D’Alema prima a Madrid e Bruxelles, poi a Bonn per l’incontro con Schroeder. Pranzo con Aznar, antipatico e supponente. Imponente accoglienza a Bonn, in elicottero e drappello d’onore a Colonia. In aereo do il via all’offensiva. Con il consenso di Dassù e Verderame parto lancia in resta contro Vattani, faccio la parte del pazzo, come sempre. La faccenda Ocalan è un casino e ci procura molti danni, non c’è niente da fare. Con D’Alema partono i soliti scazzi (sei un fascista, etc…). In realtà ha abbastanza ragione, peraltro io non do mai seguito alle mie invettive.

Nei giorni successivi siamo di buonumore. Si stabilisce il viaggio a New York, D’Alema si appassiona molto al caso Ocalan – adesso è sempre più per il processo in Italia – e lo gestisce giocando a risiko, come piace a lui. Non gli piacciono le cose lineari, le soluzioni semplici. È un maestro nel creare casi complicati da risolvere. Il punto è che così non si capitalizza mai molto, perché ogni questione è sempre caricata di pesi impropri.

Sostiene Imperia (2 dicembre) che vi sono due cordate nel campo finanziario cattolico: una più “osservante” e strettamente Opus Dei (Bazoli, Masera , …), l’altra più  laica (Romiti, Geronzi, Maranghi, Draghi). Chi sa chi è veramente lmperia. Ma non è un mestatore, è ben introdotto e leale. A me è simpatico.

Passano i giorni, il governo non va male anche se non c’è nessuna impennata. Panorama l’11 dicembre fa un pezzo sulla cena del risotto e mette nel mirino il povero Pino Marzo. La Melandri sta per combinare guai sulla Formula Uno a Imola, risponde in modo sbagliato a Muti sulla sua assenza alla prima della Scala, mette in agitazione il Coni con i suoi propositi di riforma. Marchini mi chiama, dopo una burrascosa telefonata di alcuni giorni prima. Ci sentiremo e ci vedremo prossimamente.

***

Giorni grigi: si cerca di realizzare il patto del lavoro (siamo al 14 dicembre), si lavora per districare l’affare Mose, l’affare Ocalan, l’affare scuola, l’affare 513, ma non ci schiodiamo. Il governo lavora benino, conquista una faticosa sufficienza, ma non va oltre. Il massimo sforzo per il minimo risultato.

Colaninno ha prima chiesto un appuntamento tramite Bersani, e poi ha visto D’Alema lunedì 14, sempre insieme a Bersani. Ha detto di aver ricevuto credito da un pool di banche americane per 40 miliardi di dollari. Con questi soldi lancerà un’Opa per l’acquisto del 25% di Telecom, pagano le azioni il 30% in più. Poi venderanno Tim (dove vogliono spedire Bernabé) magari ad Agnelli, acquisendo il controllo totalitario, venderanno Omnitel a Bendelsmann (un italiano – tipo Caltagirone – potrebbe prendere il 10%), e si candideranno per il 4° gestore della telefonia, utilizzando le ultime tecnologie (telefonino satellitare, etc…). Colaninno lavora con un gruppo di imprenditori del Nord-Est.

Sto affrontando la questione Verderame, che deve essere avvicendato e spedito a Budapest.  Vattani lo odia, io sto cercando di condurre le cose in maniera soffice. Non so come finirà, ora Verderame ha visto anche D’Alema. Mi pare buono l’esito: andrà via con soddisfazione di tutti.

Si cerca di correggere la legge sulle Fondazioni, dando a questi istituti un carattere meno chiuso e imponendogli di funzionare come Enti non profit, con finalità sociali e non economiche.

Si cerca un accordo sul Mose, il sistema di dighe per Venezia. Gli ambientalisti sono naturalmente contrari, Minniti ha convocato la Melandri, Ronchi e Cacciari per discuterne. Vediamo. Pare che poi la riunione sia andata bene. Minniti ha individuato una strada, sostiene.

L’agenzia per il Mezzogiorno è fatta. Abbiamo concordato con Minniti e Rossi una procedura da seguire per i vertici. Bisogna dare ad intendere che non se ne parlerà prima del 20 gennaio, ma in realtà contiamo di concludere entro il 7-8. Forse qualche giorno dopo, mi dice la mattina del 15 Rossi.

Bargone il 15 mi spiega la faccenda Forleo. La ricostruzione mi pare attendibile. Come si spiega che un questore con quelle caratteristiche, con collaboratori trasferiti a Nuoro e dintorni, abbia fatto quella carriera fulminante (Brindisi, Firenze, Milano)? È evidente che godeva di protezioni politiche, ed è quindi comprensibile che Bargone abbia avuto di che dire. Lasciamo perdere i particolari imbarazzanti che mi descrive Latorre (Forleo voleva omissis). Per questi motivi tra i due non correva e non corre buon sangue, anche se, come mi  dice Calvi, Forleo continua a parlare bene di Bargone dalle patrie galere. Su Rollo Bargone dice che è un perseguitato, che non trovano capi di imputazione e che lui non tradisce un amico.

***

Il prossimo fine settimana Ocalan dovrebbe essere spedito via (dove non lo so e non voglio saperlo). Se ne occupano Minniti, Latorre e Cuillo.

Dipartimenti da rifare. De Ioanna ritarda, blocca, impedisce, e noi cerchiamo di cambiare qualcosa. È il tema eterno della burocrazia.

Ora (16 dicembre) la situazione politica comincia a preoccupare. I Ds di Roma hanno attaccato violentemente Rutelli per il voto romano e lui ha risposto per le rime. I Ds sono scemi, perché l’attacco fatto ora è insensato. Anche se Rutelli è quello che è. Detto questo, il problema è che il governo dovrebbe sopravanzare con una forte azione riformista il teatrino politico. D’Alema dovrebbe essere in grado di dire: questa è la mia politica, il resto non conta. Una sorta di discorso alla politica italiana, questo ci vorrebbe. Per esempio si potrebbe fare a gennaio, istruendo bene la pratica, un’assemblea dei gruppi parlamentari della maggioranza per l’attuazione del programma di governo .

Ocalan è libero perché la magistratura tedesca ha revocato I’ordine di cattura internazionale. La vicenda ha aspetti ridicoli, soprattutto per i tedeschi. Ma ora è più facile o difficile l’allontanamento del curdo? È più difficile certamente. Infatti nel pomeriggio Latorre va dai curdi, poi dai libici, successivamente si incontra direttamente con Ocalan per dirgli che se ne deve andare subito, con le sue gambe, se non vuole che i turchi già sbarcati dall’Albania lo facciano fuori. Il casino è grande. D’Alema incassa il via libera dei capigruppo parlamentari ed è calmo e sornione. Ma non so quanto governi la situazione. La cosa più grave di tutte è che noi siamo stati gli ultimi a sapere di Ocalan. Erano informati i tedeschi, l’Interpol, la direzione generale del ministero di Grazia e Giustizia. Il governo non sapeva nulla.

Giornata pazzesca, mercoledì 16. Latorre sta da Ocalan per convincerlo ad andare via, a Roma viene giù un palazzo e ci sono trenta morti, alle 22 e 30 Clinton bombarda l’Iraq. Noi andiamo alla partita con i figli, al ritorno passiamo da Portuense, e poi siamo fino alle 2 e 30 a Palazzo Chigi (luci spente e porte chiuse, aspettiamo che arrivi qualcuno ad aprirci le stanze). Una concentrazione assurda. Dico a D’Alema che usufruirà anche lui del fattore Iraq. Domani vedrà le forze sociali per chiudere il patto per il lavoro. Lo firmeranno come gli americani hanno rinviato la procedura di impeachement per Clinton.

***

Il problema Rondolino. Ha combinato un casino, prima con un’intervista di D’Alema alla Stampa in cui il presidente ha detto cose pazzesche sui suoi colleghi europei, poi con due collegamenti Tv con Lerner e Santoro di cui non si sapeva niente, su ospiti, modalità e quantaltro. Come affrontare il problema? Come sempre, la responsabilità è mia, dice quello. A Rondolino voglio bene, lo copro sempre, ma forse bisogna trovare una via d’uscita, qualche incarico per lui, tipo un sub-commissariato per il Giubileo, che forse è a disposizione .

Venerdì D’Alema non va a Berna per la nebbia e si mette in collegamento con gli emigrati. Cofferati non va all’incontro con le parti sociali perché non trova posto alla riunione. È un cretino. Ocalan va via. Dove? Si cerca una soluzione. Sento parlare di Yemen, Croazia, sempre via Russia. C’è un gran giro di servizi segreti: i turchi hanno saputo, perché i palestinesi hanno avvisato gli israeliani che glielo hanno detto. Un casino.

Fine settimana di discussione sul patto sociale. Da Vissani sabato sera ci chiediamo: bisogna stare sottocoperta, come dice D’Alema, oppure farsi vedere, volare alto, farsi venire qualche idea. Naturalmente la discussione astratta non ha senso. Se l’idea è buona, si sviluppa, altrimenti no.

Poi si parte per gli Stati Uniti, dopo Natale. Il soggiorno è riposante e divertente. Solo la presenza dei giornalisti offre ogni tanto a D’Alema la possibilità di sfoghi vari. In Italia tutto tranquillo (oddio, tranne una strage di mafia). La popolarità di D’Alema migliora. Al ritorno si profilano diversi problemi di nomine (Enti previdenziali e Agenzia).

Fine delle vacanze, è il 7 di gennaio. La polemica Prodi-Cossiga si fa più seria e minaccia di coinvolgere in qualche modo il governo. Cosa fare? Cossiga sostiene che la candidatura di Prodi in Europa è questione che riguarda il governo in quanto tale, D’Alema ha detto di no qualche giorno fa. Può giocarsi in proprio la partita il  nostro?  Giornata complessa, la polemica di Cossiga tiene banco, noi rispondiamo, Cossiga non si fa trovare. Sulle tariffe telefoniche iniziativa di D’Alema, Cheli chiede la sospensione degli aumenti e D’Alema apprezza.

Con Cossiga si fa pace. Bisognerebbe impedire che che Prodi  si presenti con Rutelli e Di Pietro, consegnare a Cossiga il bollino dell’Ulivo e fargli fare le liste con popolari e Dini. D’Alema e Minniti sono al lavoro.

A Milano c’è recrudescenza criminale, nel fine settimana. Domenica chiamo D’Alema e gli dico che deve andare a Milano. Obbedisce. Gli aggiungo il giorno dopo che l’unica misura da prendere unificare i poteri di ordine pubblico nelle mani dei sindaci, per motivi concreti e per motivi politici. Si lavora a qualcosa che rassomigli a questa soluzione.

***

D’Alema è a Milano martedì 12, forse decideremo la sala operativa unica che è il primo passo, io gli ho detto di farla aprire entro quindici giorni, così quando torna a Milano il 26 e 27 può inaugurarla. Non ho fatto la proposta solo per mettere a segno un punto nell’attività di governo, ma per dimostrare a noi stessi che si può cambiare qualcosa in questo cazzo di paese. In generale in questi giorni sento che mi riprende una sindrome tipica dei tempi di Botteghe Oscure. Stiamo cambiando, stiamo facendo qualcosa, o l’immobilità è sovrana? Non sono in grado di dirlo, perché alcune cose si fanno, ma è come se avvertissi la mancanza di uno slancio, di un disegno generale, un’assenza di senso di quello che facciamo. È il solito grande problema. D’Alema non mobilita i cuori, non indica dei grandi obiettivi. In fondo l’unico suo slogan è quello più vero: “il paese normale”. Cioè l’assenza di pulsioni, il funzionamento ordinato, ma la normalità  in Italia prevede che le cose funzionino così, con i noti ritardi, con le inadempienze. Il paese normale è già l’Italia. l’Italia di sempre. Il paese normale non prevede alcun cambiamento, non sarebbe più normale. Perché in Italia è normale che le cose non funzionino, che si prendano misure senza attuarle e verificarle, etc… ieri è andato in sezione ad iscriversi e se l’è presa con i giornali che non dicono le cose che funzionano. Solite cose …

Ocalan sta andando via, forse. Dovrebbe partire stasera alle 19 per la Russia e poi per una destinazione sua con un aereo della Snam. Vedremo come andrà a finire.

Scandalosa trasmissione di Vespa ieri sera, con personaggi che vogliono armarsi, hell’s angels in libertà e quantaltro. Ne parlo con Celli e Saccà. Ocalan non è partito. Ci stanno prendendo in giro, forse anche i servizi, che prendono ordini dagli americani. Non so come vanno le cose, parliamoci chiaro! È difficile farsi un’idea precisa…

Bisogna promuovere una settimana di presenze di D’Alema nel Mezzogiorno per inaugurare, aprire aziende,  etc … bombardare l’opinione pubblica per mettere sotto giornali, Prodi, commenti stupidi, manovre e manovrine. Sui giornali vengo attaccato dai redattori dell’Unità dopo che ieri, giovedì 14, sono sceso da  loro che stavano sotto Palazzo  Chigi per solidarizzare. Poveracci! Comunque, devo fottermene.

Ocalan se n ‘è andato  sabato alle 13. Bene.  I giornali  ne  parlano  poco  o nulla. Un  piccolo  successo del  governo è archiviato nel silenzio generale, mentre impazza la polemica  nell’Ulivo. Stasera (lunedì  18) vediamo Prodi a cena. La ha organizzata Gabrielli. Vedremo che succede. Ma il punto è: può D’Alema regnare sullo sfascio del sistema politico? Il risultato è che il buongoverno viene annullato, sepolto sotto le polemiche politiche, e noi non abbiamo che una strada: quella di fare la guerra mediatica. Cercare cioè di seppellire sotto una valanga di informazione di regime il resto. Questo presuppone naturalmente  un controllo dei mezzi  che non  abbiamo, salvo il  Tg1  che fa molto. L’altra strada è cercare uno sbocco alla crisi del sistema, anche perché prima o poi il problema  si porrà. Come andremo a votare tra due anni? Con quale blocco, quale alleanza?  Va  costruita  una “teoria  politica”  del  governo  D’Alema, più forte  di quella  attuale (Ulivo+comunisti+Cossiga), che non  regge, perché  l’Ulivo  è di Prodi  e Cossiga  è indigeribile. E’ questo  che determina a sinistra un certo disincanto nei confronti del governo. E non ci consente di capitalizzare i risultati che ci sono, questo è innegabile. Ma quale può essere la teoria?

***

Grazia Volo, moglie di Liguori, incontrata in America e nuovo difensore della Baraldini, sta mandando una lettera a Diliberto. Le ho detto che il 5 marzo, quando D’Alema vedrà Clinton, vogliamo realizzare l’obiettivo di riportarcela in Italia. Lavoreremo intensamente per questo.

Lunedì 18 sera vediamo Prodi e Parisi a cena, a casa della commercialista di Gabrielli. Una casa piena di cani (quadri, ninnoli, sedie, poltrone, disegni, etc…) e con le pareti di legno verde. Prodi interloquisce all’inizio, poi si addormenta. Parisi dice assurdità con l’unico obiettivo di fare la guerra ai suoi amici di sempre, i democristiani Mastella, Cossiga, Mattarella, etc… D’Alema cerca di convincere Prodi a non presentarsi alle elezioni, pure in presenza della lista da lui promossa con Di Pietro e i sindaci. La serata è moscia, si ravviva solo nel finale quando torna l’accusa a D’Alema di aver complottato contro Prodi. Lui risponde che in quei giorni stava pensando a Linda ed al suo tumore. Parisi e Prodi accusano il colpo sul momento, poi con il loro tipico cinismo la simpatica discussione riprende.

Panorama sta preparando uno speciale sui cento giorni di D’Alema. Noi risponderemo con il dossier che sta preparando Rondolino lunedì 25.

Dunque: si fa martedì 19 la riunione dell’Ulivo. Niente lista unica, simboletto dell’Ulivo sotto i vari partiti, Prodi non scioglie le ambiguità  sulla sua presenza nella lista. Cossiga dà i numeri, si dimette, noi nella mattinata di mercoledì mettiamo i puntini sulle i a proposito del carattere della maggioranza. Prodi ha chiesto a Romiti di appoggiarlo nella sua battaglia contro di noi. Romiti lo dice a D’Alema. Weber ci porta dati preoccupanti: Prodi, Di Pietro e i  sindaci starebbero al 15%, ed anche il Pds. Che fare? Bisogna togliere l’acqua a Prodi, ci vuole una reazione, ma innanzitutto da parte del Pds, che invece cincischia. Mettere spalle al muro Prodi, chiedendogli di chiarire subito se si candida o no. Mettere alle strette i sindaci, creandogli difficoltà nei consigli comunali.

Nel pomeriggio vedo Carra e Scotti, uomini di Cossiga. D’Alema mi dice, tornando in macchina da Roccaraso, che vuole rompere con Cossiga se non sta dentro i termini esposti da lui nelle dichiarazioni programmatiche. Ora, sono le 21 e 30, siamo a Palazzo Chigi io e Nicola in attesa che lui torni ed inizi la riunione con i ministri dell’Udr. In giornata ho tenuto abbastanza in mano la situazione, ho impedito vertici, ho dato buoni consigli a Minniti, D’Alema, Folena, Cuperlo, con cui ho fatto pace. Sta collaborando con me sui numeri, mentre quello che dovrebbe occuparsene qui, Rondolino, rifiuta di lavorare. Oggi mi sono scazzato con lui. Farei subito a cambio: Rondolino via, Cuperlo qui.

***

Crisi risolta, con qualche ammaccatura di immagine. Nel frattempo, praticamente, Prodi si candida in diretta da Lerner. Bisogna, dico a D’Alema la sera, portare a cena il vertice Pds e Cossiga. Venerdì dovremmo riuscire a varare l’Agenzia (Bianchi, Borgomeo, Savona, D’Antonio, Callieri), ma Cossiga impedisce a Savona di entrare perché non ci si può far dirigere da uno di Nomisma. Cerco di prima mattina i suoi due nuovi emissari (Scotti e Carra) ma senza risultati. Ricominciamo da capo?

I problemi del governo: efficacia e velocità dell’azione; garanzia di stabilità (a questo fine nulla nuoce più di Cossiga, che dà modo all’antipolitica di agitarsi proprio perché determina nervosismo, confusione, senso di profonda instabilità).  I problemi del partito: fare la guerra a Prodi in modo efficace, combattivo, intelligente. I problemi di D’Alema: non esaltare troppo i partiti come sono, metterci un po’ di cuore.

Ok la mattinata di venerdì. Si fa Sviluppo Italia con i nomi decisi, metto in cantiere incontri con Veltroni, Cossiga, costruisco un “caminetto”, parlo con Calabrese, progetto interviste di Barbieri sull’Agenzia, chiamo il nuovo consigliere diplomatico… sono iperattivo…

Martedì e mercoledì mattina siamo a Milano. Va molto bene tutto (incontro con la finanza su Internet, Borsa, Albertini) tranne la conferenza-stampa finale, in cui D’Alema fa grandi numeri di varietà con i giornalisti. Simpatica la colazione con Montanelli, De Bortoli, Di Rosa, Verdelli. D’Alema è in vena di show.

Giovedì vado a trovare Bernabei. Parliamoci chiaro, sarà anche invecchiato, ma tra ripetizioni, dimenticanze, errori si trovano sempre spunti interessanti nelle cose che dice. La tesi di fondo è quella di sempre: la massoneria inglese, che organizzò la famosa crociera del Britannia in cui si decisero le privatizzazioni, ha nelle mani il processo di globalizzazione, che vuole rafforzare dal punto di vista finanziario, essendo la borsa di Londra la più importante del mondo. L’obiettivo è ricreare l’impero britannico. In questo disegno c’è Prodi, il quale è finanziato da Ponzellini padre (industriale dei mobili), il cui figlio è vicepresidente della Bei, il cui presidente è un inglese. E così i conti tornano. La Fiat appoggia Prodi? Sì, anche loro sono legati agli inglesi, e sappi pure che Umberto è figlio di Curzio Malaparte, non del padre. Veltroni mi ha rinviato l’appuntamento a lunedì.

In un incontro tra Rossi, Minniti, Bassolino e D’Alema ci si è orientati a fare la  Pennacchi  presidente  dell’Inps. Potrebbe rientrare Barbieri tra i sottosegretari. Stasera D’Alema va dal dentista di famiglia  e di Federico, dove incontra il capo serbo Milutinovic per convincerlo a stare buono prima che sia troppo tardi.

***

Cresce la preoccupazione per la lista Prodi. Sabato vado con D’Alema alla conferenza dei lavoratori del  Pds, lui interviene bene, io resto impressionato dal clima che c’è tra i dirigenti di Botteghe Oscure. In particolare Burlando mi sembra un po’ bollito. Il punto sono i sondaggi difformi. C’è Weber che dà Prodi al 19%. Non so se ha ragione, ma certo è il caso di preoccuparsi. E soprattutto di reagire. Veltroni ha una linea morbida, ed anche D’Alema tende a stare calmo. Per un verso è giusto così, dato che, dopo, Prodi dovrà stare in maggioranza. Ma bisogna alzare delle difese.

Tra un’ora dovrei vedere Veltroni. Gli dirò: 1) da anni non faccio né dico alcunché contro di te, mentre tu vai dicendo in giro che Velardi parla con i giornali, etc… ; 2) sono a disposizione. Poi non so, vediamo come va il colloquio, quale è il grado di verità che lui vorrà metterci.

Ho visto Veltroni. Niente di straordinario. L’uomo  sfugge. Gli ho ribadito che non faccio niente contro di lui da anni, lui ha nicchiato, comunque ci sentiremo in caso di necessità.

Nei giorni seguenti molte chiacchiere su Prodi e la sua lista, nel frattempo D’Alema mette giù una linea sufficientemente chiara sia su questo – insieme a Veltroni, bisogna dire – sia sul resto: riforma elettorale, referendum e quantaltro. Ho la sensazione (è lunedì 8) che Prodi stia già venendo meno. Bastano poche ore e le contraddizioni diventano evidenti. Prodi vota con i cattolici sulla fecondazione assistita, Cacciari si dice contro le primarie.

Da molti giorni (è giovedì 11) si lavora, anche bene. Si fanno cose, si progettano viaggi, ieri sera siamo stati a cena con Cossiga (divertente!), domani dovrebbe andare in Cdm la riforma elettorale. Ma è come stessimo in un vuoto pneumatico. Prodi in sostanza ci fa paura. Weber continua a dire che va forte. C’è un nervosismo sotterraneo da cui solo D’Alema sembra immune. Avrà ancora una volta ragione lui?

La questione Prodi è (parzialmente) indipendente dal suo risultato elettorale o dalle iniziative politiche che possono metterlo in difficoltà. Il problema è di natura psicologica. Lui oggi è forte nelle sue argomentazioni metapolitiche (il paese va indietro, volevano riprendersi il potere, anche Veltroni esagera, basta con i giochetti dei mass-media, è cosa assolutamente diseducativa, grazie a Babbo Natale per campagna contro di me) e crea una difficoltà a D’Alema, che è il cattivo, il colpevole, quello che ha fatto fuori Prodi, etc…

D’Alema sta tenendo la conferenza-stampa dopo il Cdm di venerdì 12, nel quale ha dato il via alla riforma elettorale, e a tutto il resto. È in gran forma, e naturalmente la sua mossa, la sua accelerazione è geniale. Al momento perlomeno così appare. Vedremo in seguito.

***

Fine settimana sulla neve. D’Alema non viene perché è malato. La reazione sulla proposta di legge elettorale è contraddittoria e altalenante, anche sui giornali. Non so come l’opinione pubblica l’abbia presa. Lunedì scoppia la polemica sulla partecipazione alla trasmissione di Gianni Morandi. Alle 19 Cascella mi dice che anche Biagi sta per fare l’ennesima trasmissione contro D’Alema. Parlo con Celli. Il risultato è abbastanza buono, nel senso che malgrado le intenzioni malevoli di Biagi, le risposte dei direttori dei giornali non sono cattive. Tranne, naturalmente, quelle di Ezio Mauro. La Repubblica è la mia spina nel fianco. È contro di noi, sta con Prodi del tutto chiaramente. Oggi, martedì, monta il caso La Forgia, che è andato con Prodi, con commenti di Maltese, e così via.

Sullo sfondo, sul piano nostro, c’è il caso Rondolino. È palesemente fuori dal nostro lavoro, non è attivo, non partecipa. Lo fa per scelta, immagino. Ma nello stesso tempo è al centro degli attacchi di tutti, anche per questo libro che ha fatto, con il famigerato capitolo “pornografico” sbandierato in tutte le recensioni e gli articoli che sono usciti sui giornali. Lui un po’ ci marcia. Devo risolvere il problema, ma come?

Problema risolto. Sono le 2 di venerdì 19 e Rondolino sta scrivendo la sua lettera di dimissioni. Ho fatto pressing stamattina, dopo un’ultima infornata di interviste sue e di Simona su giornali e periodici, e lui ha capito. Ora resta da fare la seconda parte del lavoro. Come si copre il settore?

La situazione non è brillante. La sensazione è che D’Alema, come in tanti altri momenti, sia solo. Non è sostenuto nel mondo politico, nel mondo economico, nei giornali. Combatte da solo, dovendo progressivamente abbassare il tono delle sue battaglie di innovazione, con il risultato che si smarriscono per strada. Esempio quello di Telecom. Ha coraggiosamente scelto Colaninno e compagnia. Di fronte alla reazione di Fiat e sindacati, ora arretra… è la solita storia. Intanto, per il briefing che ci sarà tra mezz’ora, dovrà affrontare tre questioni con intelligenza: Telecom, Prodi, legge elettorale. Su Telecom deve dire che lui salvaguarda gli interessi nazionali, e che spera in un’intesa per difendere i lavoratori. Su Prodi non dobbiamo più subire, per ora è lui che detta i tempi. Sulla legge elettorale e le riforme…  nella conferenza-stampa ha detto quello che voleva lui. Niente di drammatico, ma ha  cominciato dal Kosovo.

Poi, a colazione, abbiamo un po’ parlato dei problemi reali. Weber ci dà al 17% contro il 16 di Prodi. Che fare? Lui ha tirato fuori la faccenda del Quirinale, che da qualche giorno mi ronza nelle orecchie. Perché riesca bisogna tacerne. Ha anche detto di temere per il dopo-voto un asse Prodi-Veltroni. Vedremo gli sviluppi.

***

Ieri sera, lunedì 22, ero a cena con Gad Lerner. Ho ricavato impressioni pessime. Penso che lui, insieme a Mauro, Maltese, e forse anche in competizione interna con Rampini, Giannini, etc…, lavorino organicamente contro di noi. La loro tesi è lucida e secca: voi lavorate in totale isolamento, in questo siete davvero craxiani. In più siete degli illusi, pensate di cambiare il mondo e non capite che dovete allearvi con quelli che contano, e soprattutto con Prodi di cui dovete accettare la guida perché è più esperto, più bravo di voi, ha più rapporti con l’Italia che conta e con quella che c’è realmente. Ad un certo punto arriva la telefonata di Ezio Mauro che, come un invasato annuncia che la Consob ha bocciato l’Opa di Olivetti su Telecom, accusandoci di essere dei dilettanti. C’è di che essere davvero preoccupati. La botta che prendiamo su Telecom, in termini di credibilità nei circoli che contano, è grande. Rischiamo di portarcela dietro per lungo tempo, forse per sempre. E non nego neppure che alcune delle cose che Lerner dice siano vere: siamo autoreferenziali e forse un po’ dilettanti. Nella vicenda Telecom quello che, ad esempio, è impressionante è che noi siamo stati fottuti da due cosiddetti amici di D’Alema: Rossi e Spaventa. È possibile che noi non si sappia nulla? Che D’Alema non abbia fatto due telefonate? Il nostro esercito non lo vedo, insomma. Nessuno lo tiene insieme, lo mette in movimento, lo istruisce.

Oggi viene Mauro da me. Lerner gli ha detto che ieri ci siamo capiti. In realtà c’è una distanza abissale. Lui mette  in questione la nostra legittimità a governare. È pazzesco, ma è così.

Giorni complicati. Escono i sondaggi Swg che danno a Prodi il 16%, Mastella è in liquidazione. Domanda di fondo: abbiamo fatto bene a imbarcarci in questa impresa? D’Alema mi ha accusato  di  esserne il responsabile: farnetica.  Siamo alle solite. Giovedì sera siamo a cena da lui con Benigni, Ciampi e Visco. Serata divertente. Si può fare qualcosa per evitare la candidatura dei sindaci? Forse, direi io. A volte sembriamo come un pugile suonato che non riesce a prendere alcuna iniziativa e attende passivamente gli eventi. Per esempio, alcuni sindaci potrebbero fare un appello a Rutelli, Bianco, Cacciari, ma anche a Bassolino per chiedergli di rinunciare ad altri incarichi che non siano quelli di sindaco. E così via.

La settimana del viaggio in America sono a casa malato. Torno il lunedì successivo, riposato, rinfrancato, meno preoccupato. Nei giorni successivi buoni provvedimenti del governo, cattive notizie da sondaggi locali emiliani, un’aria strana. Ma non è che siamo sul Titanic? Cerchiamo di mettere a fuoco il problema. Il governo non fa male, ma non so che rapporto ci sia con gli orientamenti che maturano tra i cittadini. La sinistra è scontenta, molto scontenta. Non riesce a percepire il governo D’Alema come qualcosa di suo, come un governo che faccia bene. Cossiga, la scuola privata, sempre le stesse cose. Magari non hanno alcun rapporto con la realtà, ma ci sono e non si riesce ad annullarle con azioni positive. Una risposta può essere quella di dire: se il 14 giugno Forza Italia è il primo partito e il Pds perde, D’Alema per prima cosa si dimette. Volete questo? Volete  votare Prodi per votare Berlusconi? Bene, accomodatevi. È una linea rischiosa. Che futuro c’è per D’Alema? Posto che le cose ora vadano male, può tornare al partito come se nulla fosse? Non bisogna illudersi. Ci sarà un momento traumatico, prima o poi. Il problema è solo scegliere il quando e il come. C’è anche un po ‘ di casino (penso di ritorno, di risulta) nello staff, dopo le vicende Rondolino e Messori.

***

Venerdì 11 vedo Sorgi, persona intelligente, non amica. Mi dice di stare attenti, che dobbiamo pensare a consolidare, non a procedere per strappi. Mi parla dell’avvocato e del suo dispiacere per gli ultimi atteggiamenti di D’Alema su Telecom e quantaltro. Mi dice anche che alla Stampa l’altro giorno si è presentato Bobbio alla riunione di redazione e ha detto tutto il male possibile di Di Pietro: “Ma ve I’immaginate in Germania un partito che si chiamasse “Germania dei valori”?”. Sta cambiando qualcosa in quel mondo torinese. Vattimo va con Prodi, ma Rusconi proprio stamattina scrive cose diverse. Io ho la sensazione che loro possono cominciare ad scomporsi. Ieri Prodi ha risposto nervosamente alle cose dette da D’Alema (le solite: Prodi non ha riferimenti in Europa). Forse la linea giusta è esattamente questa: stuzzicarli, provocarli e aspettare le loro risposte stizzite.

Riflessioni di fine settimana. D’Alema è andato dai verdi e ha sparato su Prodi. Bisogna fargli fare quello che crede giusto fare, non c’è altra via. Ciampi viene candidato presidente da Veltroni. La partita deve gestirla lui quanto più è possibile. D’Alema deve parlare con Ciampi e Violante che deve essere il kingmaker. Manconi ha parlato di verifica. È sbagliato e noi non dobbiamo avallarla. O si continua tranquillamente a governare o si va via dopo le europee. Rampini ha materializzato i miei pensieri di fine settimana. Ci vuole un comitato per la difesa dell’interesse nazionale, contro la svendita del paese. Più tardi vedo Nicola Rossi, che naturalmente vuole che tutto passi per il consiglio degli esperti. Vuole tutto nelle sue mani, ma in fondo ha ragione.

Lunedì 14 D’Alema è a Milano. Nel briefing settimanale che si tiene in Prefettura per parlare di sicurezza, sbrodola la qualunque sul Quirinale, prendendosi successivamente ceffoni da Fini e Berlusconi, e dovendo poi fare marcia indietro.

Risultati: sui giornali di martedì non si parla di sicurezza ma di D’Alema e Quirinale. Un viaggio inutile, una totale perdita di tempo. Che fare? Se se ne parla dopo, si perde tempo, lui sta con le orecchie piegate, contrito; se se ne parla prima ti manda a quel paese, perché, mentre Clinton si prepara per ore le risposte da dare nelle conferenze-stampa, lui è capace di fare tutto da solo. E fa cazzate. Gli parlo martedì mattina, e lui mostra di capire. Speriamo che duri qualche ora.

Il consiglio dei ministri di martedì 16 fa la direttiva per le Fs, quella direttiva che tempo fa provocò l’ira di Dio, saltò perché i sindacati non volevano, etc… poi disciplina gli scioperi e anche in questo caso nessuno protesta… questo governo fa un sacco di cose, ma la gente continua a parlare di Mastella e Cossiga. Ci vuole un vero piano di propaganda che parta però dal principale comunicatore di questo governo, che è il suo presidente. Poi ora torna la candidatura Prodi, dopo le dimissioni della commissione europea. Oggi, mercoledì , sarà una giornata importante. In serata D’Alema vede Schroeder. Potrebbero esserci decisioni serie.

Il discorso di Modena di venerdì agli industriali dovrebbe contenere un puntuale, metodico esame delle misure prese dal governo in questi mesi e, in particolare,  nelle ultime settimane. Bisogna dirlo a Cuperlo. Arrivano sondaggi più incoraggianti. Abacus ci dà al 18%.

***

Situazione confusa. Nel fine settimana sono a Barcellona (città splendida. È vero, come dice Alberoni sul Corriere, che quando si torna in Italia si è sempre un po’ depressi al paragone). Al ritorno, Prodi è sempre più destinato alla Commissione e io non riesco a capire come si orienta l’opinione pubblica. Più Prodi o meno Prodi?  Si  candiderà  o no?  Il  gioco  di D’Alema è rischioso. In questo fine settimana abbiamo accusato un’altra sconfitta sulle banche. Dopo aver fatto un’alleanza con Cuccia (è un ottimo consigliere politico!  mi disse), le cose vanno in un’altra direzione e tutto è guidato da Agnelli. Prodi appare più riformista di noi. Perché esalta le cose che fa, le battaglie che conduce (esempio questa di Mediobanca), e nasconde bene le sue responsabilità, i rinvii, le concessioni a questo e a quello. Si muove bene sul terreno del potere. È molto conflittuale nell’ambito dei poteri dati. A differenza nostra, che annunciamo grandi battaglie per piegarci poi a quello che viene. La vicenda delle banche è veramente straordinaria da questo punto di vista. Noi siamo apparsi come i difensori della parte più vecchia e arretrata del capitalismo italiano.

Altro capitolo, Prodi in Europa. Ci conviene dargli questa patente? Non è una cosa che si rovescerà contro di noi? Martedì 23. La guerra è alle porte, e con la guerra la crisi di governo (insomma, il ritiro dei ministri comunisti). Prodi invia una lettera demenziale a D’Alema e gli dice che vuole un interim adesso, con la promessa dell’incarico per dopo le elezioni. Suggerisco a D’Alema di fare come se niente fosse domani al vertice. Successivamente sente Schroeder, che gli dice di non preoccuparsi più di tanto per domani (siparietto: S.: “Naturalmente se l’Italia si comporta  bene  sul primo punto, cioè agenda 2000, etc…” D.: “Quanto costa questo comportarsi bene?”  S.: “Siamo uomini  d’onore, non parliamo di soldi… “). Della lettera di Prodi non si sa più niente. Minniti sostiene, penso giustamente, che è frutto  della mente malata di Parisi.

La sera di martedì Solana annuncia l’offensiva in Bosnia. Alle 22.30 ho il telefonino spento, mi chiama Lorenza a casa, mi dice che D’Alema mi cerca. Lo chiamo, mi dice che Clinton telefonerà intorno alle 23, ma non si trova nessuno: scorta, Olivieri, Ingrao. Avvio la ricerca e faticosamente siamo tutti a Palazzo Chigi dopo un po’. Ne usciamo verso mezzanotte e trenta, dopo un colloquio con Clinton in cui D’Alema continua a mostrare i coglioni. La prossima volta, temo, sarà Clinton a romperseli.

***

Prodi è presidente della commissione europea. Grande risultato di D’Alema, architetto geniale, devo confessare. Prodi in Europa è la svolta: non c’è più il convitato di pietra della politica italiana, l’Asinello è politicamente morto, Veltroni non ha più sponde, il governo D’Alema non ha alternative.

D’Alema porta a casa un ottimo risultato sull’Agenda 2000. Nel frattempo  scoppia  la  guerra,  e venerdì  il  governo ottiene la fiducia alla Camera e al Senato tra mille casini. Abbiamo una notevole sfiga, però ce la battiamo bene. Ora è sabato mattina e stiamo progettando un’offensiva di pace. Si parlerà con Clinton, successivamente con i membri del gruppo di contatto, e si cercherà di chiedere per la prossima settimana di Pasqua la sospensione dei bombardamenti e la ripresa dei negoziati.

Ha parlato con Clinton, gli ha spiegato per un quarto d’ora la linea e Clinton gli ha detto: “Bene, ci penseremo”. Le stesse cose che gli aveva detto in America. Nel frattempo chiamava anche Solana. Siamo abbastanza al centro della vicenda, pur essendo un paese di scarso rilievo, obiettivamente.

Nel fine settimana D’Alema lavora molto per riallacciare i fili di una trattativa. Noi maturiamo l’idea che sia necessario un messaggio alla nazione. Forse ci sarà martedì  30. Io penso che la linea del governo sia giusta. Lo conferma anche Weber che ci dà sondaggi più confortanti.

La giornata di martedì se ne va tra il tentativo di produrre un appello per i kosovari con Bobbio, Magris e Scalfari, la destinazione e l’uso dei fondi e la preparazione del discorso della sera, che poi va benissimo. Cuperlo prepara un discorsone, lui elimina tutto e prende due appunti. Prima vuole registrare, poi si convince a parlare in diretta, soprattutto perché non arrivano notizie di Primakov, e quando arrivano sono brutte. Poi alle 19.40 chiama Clinton, lui lo convince a intensificare gli attacchi senza parlare di fase 3… la sostanza è che arriva trafelato su alle 20 e il discorso è a zero. Si concentra un po’ e alla fine va tutto bene. Siparietti: Ornella che si presenta con dei trucchi fuxia e viola e lui chiede: “Ma chi ti ha detto che mi devo truccare?”…

La mattina dopo i giornali sono buoni, ma Cascella arriva e mi rompe i coglioni per un pezzo di Minzolini in cui si parla della telefonata con Clinton, dicendo che D’Alema ha cambiato il discorso. Che faccio? Subito mi incazzo, poi pensandoci a freddo (?) decido di non parlare più con i giornali, così non mi si romperà più le palle. Lo comunicherò agli interessati, così vediamo come saranno i giornali prossimamente.

Pasqua a Capri, D’Alema in Albania, la guerra continua, le cose per il governo vanno bene grazie alla guerra. Non sappiamo cosa succederà se la guerra continuerà, ma Milosevic si sta attirando molte antipatie per via dei profughi e le bombe intelligenti forse cominciano a fare effetto. La visita di D’Alema ha avuto ottima stampa, persino il Giornale e il Tempo gli ha fatto un editoriale a favore. Chiamano Lerner, Vespa, Borrelli che lo vogliono in Tv. Minniti orienta il Vaticano, manda a dire le cose da dire e loro (il Papa) le dicono. Il Papa addirittura sostiene la Missione Arcobaleno che in fondo io ho avviato dopo un input di D’Alema. Mi disse: “Bisogna fare qualcosa, trovare un nome” e io ho fatto il resto. Il nome lo ha trovato Minniti, poi Latorre gli ha detto che a D’Alema gli avevano detto che ero stato io a trovarlo e lui si è incazzato. Poi abbiamo individuato Marco Vitale come commissario (lo ha proposto Rossi) e D’Alema si è incazzato perché la Cgil era contro di lui a Gioia Tauro. Fatto sta che la Missione, con l’appello di Bobbio, Montanelli e Scalfari, sta avendo un grande successo.

***

Venerdì 9 vedo Geronzi. Parliamo di De Santis da collocare. È d’accordo. Parliamo della Treccani. Dice che mi farà incontrare Cappelletti. Parliamo di Torino. Dice che Masera, poi Arcuti, infine l’Avvocato sono stati scorretti e arroganti, e che lui non ha nessuna intenzione di procedere, anzi che combatterà strenuamente. Gli hanno annunciato l’Opa la domenica famosa, avevano predisposte tutte le procedure e lui ha detto no, per questi motivi e perché il piano puntava a distruggere Mediobanca. Ma si salverà e si rinnoverà Mediobanca? gli ho chiesto. E lui: “Sì, Cuccia ha un piano che prevede che Maranghi diventi presidente, Bernheim sia cacciato dalle Generali e Cingano diventi  Ad”. E Banca di Roma? Guarderà al Monte dei Paschi.

Fine settimana tranquillo. D’Alema sta forte, va a mare domenica, Scalfari gli regala un bell’editoriale. Lunedì mattina vedo Rossi per stabilire la linea sulle telecomunicazioni. Poi vediamo Giannini, Celli… cerchiamo di capire come deve andare a finire la grande partita che si gioca nel capitalismo italiano.  Quando stamattina ho detto a D’Alema che lui deve realizzare sul fronte interno la stessa legittimazione che ha prodotto con la guerra, mi ha guardato dicendo: “Tu proponi sempre soluzioni spettacolari… cerca di dirmi come si fa”.

Sul capitalismo italiano. Parlo lunedì sera con Celli, forse il migliore amico di Bemabé, e mi fa  una  descrizione inquietante della tipologia umana. Sospettoso, convinto di essere invincibile, moralista e maniaco, nemico giurato dei politici considerati come l ‘origine di tutti i mali, pieno di schede e dossier  su magistrati e politici. Questo è Bernabé. Chiedo a Celli di parlargli. Alle 20 Bemabé chiama D’Alema e chiede di incontrarlo martedì mattina. Alle 9 di martedì arriva Modiano, che mi descrive un possibile nuovo scenario: Unicredit e Comit, con Generali non scalano Mediobanca ma si tengono le loro quote. Finisce l’assalto a Mediobanca, questa è la notizia. L’operazione si potrebbe completare se S.Paolo va con Ina-Bnl-Banco Napoli  e Banco di Roma va con Monte Paschi.

Colaninno dice a Bersani che si può lavorare per l’intesa e sostiene che la loro quota in Olivetti è blindata. Gli ha detto anche (pare) che Goldman Sachs ha studiato un piano per fare entrare nella partita Dt, attraverso un dismissione di quote tedesche ed una contemporanea acquisizione di quote Telecom o attraverso uno scambio di pacchetti azionari. Bersani  suggerisce a D’Alema di incontrare Colaninno. Mi sembra giusto.

Malgrado il lavoro fatto, Giannini non è nel Cda di Ina. Era scontato che andasse così e noi non possiamo opporci al corso inevitabile delle cose. Benassi ha posto l’aut-aut (o io o lui) e S. Paolo ha deciso ovviamente Benassi. A tutti i livelli dobbiamo modernizzarci. E se è vero che tutti i capitalisti sono fetenti (espressione di D’Alema) è anche vero che se restiamo appesi alle vecchie glorie (Geronzi, Romiti, e così via) non andiamo da nessuna parte. Dobbiamo chiederci per quale motivo alla fine difendiamo sempre il peggio.

D’Alema regna, non governa. Lui va forte ma ha una  maggioranza sfarinata e a rischio dopo le europee. Comincia a dire che bisognerà fare le elezioni dopo giugno. Naturalmente sarebbe giusto ma io penso che sarà possibile andare ad un rimpasto o cose del genere. Tutto questo in caso di rilevante successo dell’Asino. Weber ci dice che i sondaggi li danno sempre forti.

La grande ristrutturazione del capitalismo italiano può essere concepita come pax dalemiana ma non è  semplice costruirla. Fazio è pedina fondamentale ma per ora non si schioda. Cuccia e Agnelli bisogna sentirli e convincerli, ma prima di tutto bisogna risolvere il nodo Telecom, che è ancora irrisolto.

***

Giovedì sera. La Nato ha ammesso le sue responsabilità nella strage del giorno prima che ha ucciso una settantina di kosovari. Modiano mi dice che Intesa si prepara a prendersi Comit. Bernabé chiama D’Alema e gli dice che sta combinando con Dt per realizzare la più grande azienda telefonica del mondo. Il progetto è ardito, D’Alema si incazza e tratta Bernabé molto male, dopo Colaninno ci dice che il progetto è folle, e che ci verrà a spiegare perché la mattina dopo.

Viene avanti il progetto Ti-Dt. Bernabé lo ha sviluppato ma adesso bisogna gestirlo, altrimenti rischiamo di andare sotto. Nei giorni successivi si comprende che il progetto è una bufala. Progressivamente anche D’Alema se ne convince. La partita è ancora aperta a martedì 20. lo, Rossi, Bassanini, Micucci siamo tutti contro in sostanza, ma dobbiamo accelerare e intensificare la nostra azione .

Bossi  dopo il voto del referendum  chiede di vedere D’Alema. Nel  frattempo fa di nuovo la  corte a Berlusconi. L’irruzione della politica nei giornali fino ad ieri pieni della guerra è un po’ penosa. È come se tutti avessero tirato un sospiro di sollievo tornando a parlare delle cose che gli piacciono di più. Bisogna far tornare la guerra per evitare cazzate in libertà?

Torna l’ipotesi Scalfaro. Per noi va bene, figuriamoci. Ma dubito che sia cristallina. La partita Telecom è venuta fuori bene, stamattina (mercoledì 21). Bernabé comincia ad uscirne con le ossa ammaccate. Bisogna avere pazienza.

Bernabé ha annunciato l’accordo con Sommer. Noi resistiamo con Bassanini e Rossi, ma bisogna stare in campana. Chiama Gamberale, parla di criminalità industriale a proposito dell’intesa. Vedo Pompei. I suoi concetti sono molto simili a quelli di Gamberale.

Nel fine settimana americano D’Alema ottiene, mi sembra, un successo parlando al convegno sulla terza via. Il vertice Nato non mi pare che ottenga grandi risultati. Qui in Italia l’Ulivo muore, non si trova l’accordo sull’uso del simbolo. Bisogna lavorare ad una nuova prospettiva  strategica per il centro-sinistra. Prima o dopo il voto europeo?

Chiama Della Valle, e si lamenta del fatto che sta fallendo l’intesa Unicredito-Comit per il pesante intervento di Mediobanca, che vuole l’intesa Intesa-Comit. Di che ti lamenti, caro Diego, gli ho detto. Volevate distruggere Mediobanca , il vecchio si è difeso e questi sono i risultati.

Hanno arrestato Cusumano. Lo sapevamo da giorni. Si è fatto subito il Consiglio dei ministri, quel furbastro di Ciampi ha pensato bene di anticipare D’Alema revocando le deleghe al sottosegretario prima della riunione. Come si fa a tenere insieme e a dare una prospettiva a questa cazzo di maggioranza? D’Alema prima o poi deve porre il problema di che cosa diventerà. Forse non si può aspettare il 14 giugno. A quel punto i giochi li faranno i democratici. Va costruito prima il futuro del governo e della maggioranza. Si può parlare di elezioni? Quando? La mattina di martedì 27 vedo la Montecchi che suggerisce una riunione dei parlamentari di maggioranza con D’Alema. È un ‘idea.

Mps è intenzionata a prendere Unipol e Fondiaria per poi andare con Banco di Roma. D’Alema parla con Giannelli e Turchi, poi mi chiede di andare da Geronzi per dirgli che deve prendere Unipol dentro il progetto con Mps. Perché Unipol prenda Fondiaria è necessario parlare con Mediobanca. Lo farà Marchini, ma Geronzi mi fa capire che farebbe piacere a lui farlo.

D’Alema dice a Minniti di ritorno dall’Albania che Antonio Napoli può diventare l’interfaccia albanese del governo. In sostanza il consigliere politico di Maiko. Ne parlo con Antonio che dopo mezz’ora mi dice sì. La mattina dopo è a Palazzo Chigi, ne parla con me e D’Alema, poi con Minniti. Si procederà. La cosa mi fa abbastanza ridere. Siamo sempre gli stessi.

***

Giorni stanchi, successivamente. Me ne vado  a  Capri  il fine  settimana. Mannheimer  ci  dice  che i  dati  sono  non  buoni, ma ottimi (i Ds al 23%, l’Asino all’8). lo dubito. Sul Quirinale avanza la Jervolino, con Veltroni che si muove bene per tenere insieme la maggioranza. Sulla guerra, qualcosa si muove. L’Opa  Telecom  procede  senza  impennate,  ma  la situazione di Bernabé non sembra brillante. Parlo con Galateri venerdì e gliene dico quattro.  A  Sorgi farà  capire  che gli faccio un po’ paura.

Nasce e muore subito l’operazione “Lombardi”. Alla Difesa studiano un piano  per  abbattere  i  barchini  clandestini  che vanno e vengono per l’Adriatico. D’Alema approva entusiasticamente. Minniti boccia. Ci metteremmo in lite con la Macedonia , nostra  alleata!

Martedì 4 maggio. Parte l’operazione umanitaria per i profughi del Kosovo in Macedonia. In 10000 verranno a Comiso, luogo-simbolo. Approntiamo la macchina comunicativa nella quale ormai siamo esperti. Milosevic chiama Dini e si dice disposto a darci Rugova. Pare che arriverà domani, mercoledì. D’Alema vuole Ruggiero all’Eni. Va alla Camera e elimina l’ostruzionismo del Polo sulle deleghe. Sembra Superman.

Mercoledì 5 maggio. Rugova alle 15.45 (grosso modo) è partito e sta volando da noi. Minniti lo andrà a prendere con Cascella ed una troupe televisiva, poi D’Alema lo sequestrerà a villa Madama, dove soggiornerà con la famiglia. Anzi lo sequestrerà a villa Doria Pamphili, perché Rugova si porta 11 persone e a villa Madama non c’entrano. Naturalmente a colazione si sprecano le ironie sugli albanesi…

Abbiamo preso Rugova. Grande colpo. Non so a cosa servirà, ma per la propaganda va benissimo. L’incontro  con Agnelli non va granché. Mi chiama Draghi: chiede di vedermi. Perché ora? È in difficoltà, altrimenti  non  l ‘avrebbe fatto. D’Alema è preoccupato perché l’Opa non decolla ancora. Ci dicono che solo negli ultimi giorni andrà a buon fine. Cosa sulla quale tutti giurano. Agnelli dice che se ne andrà se l ‘Opa passerà. Lo fa in maniera molto scorretta.

***

Si entra nella settimana cruciale per l’elezione del Presidente. I nomi sono due: Jervolino e Ciampi. Io sto avviando un lavoro per la Jervolino ma non dobbiamo scoprirci perché se dobbiamo mandare lì l’altro dobbiamo sempre essere noi a farlo. Senza dimenticare il terzo che potrebbe essere Amato. O forse no. Troppi non lo vogliono.

Lunedì sera si entra nella fase calda. Propongo un incontro di maggioranza per proporre Ciampi da eleggere con il Polo o Jervolino da soli al quarto scrutinio. La mattina dopo D’Alema arriva dicendo di avere avuto la folgorazione: bisogna eleggere Ciampi e basta. Gli chiedo di riflettere. Lo fa opportunamente e decide di azzerare la situazione (con telefonate a Fini e Letta). Il Polo non proporrà alcuna candidatura nell’incontro che alle 15 farà con Veltroni. Dopo se ne riparlerà, ricominciando da capo. Ma sempre Ciampi dovrebbe spuntare.

D’Alema parla con tutti, prepara il vertice di domani, si porta Marini  da  Scalfaro, ma la notizia  delle  18 di  martedì  è che in realtà Berlusconi non voterà Ciampi, ma indicherà Fazio, Monti e Amato. Quindi  attenzione. Tenersi  buoni  i popolari!

Mercoledì mattina. Si torna allo schema iniziale. Ciampi se il Polo ci sta, Jervolino ce la votiamo da soli (con Rc e Lega). Veltroni si è troppo spinto su Ciampi, stamattina a telefono con D’Alema tutti e due in realtà si mostrano dubbiosi e mosci su Rosetta. Sbagliato. Deve essere la nostra candidata. Meno male che ci sto lavorando da giorni con i gruppi parlamentari.

Mercoledì, ore  12. Mi chiama  Ferrara, lo mando  in  missione  da Berlusconi. Mi richiama  dicendo  che Berlusconi  ci sta su Ciampi. La notizia si propaga, forse è andata. Blocco le donne, D’Alema chiama Veltroni dicendogli la cosa  e richiamando una mia frase del giorno prima (Veltroni ha fatto il lavoro sporco, non me lo sarei mai aspettato). Alle 15 D’Alema  incontra  il Polo. Berlusconi gli fa un discorso  confuso, e tre nomi: Ciampi, Amato  e Mancino.  D’Alema gli chiede quantomeno di tacere. Poi incontra la Lega, possibilista. Più tardi dirà a Mastella di parlare con Bossi per convincerlo ad essere della partita. Di ritorno a palazzo  Chigi  cominciano  le  agenzie:  il Ccd,  poi  An,  Segni,  etc…  si dicono per Ciampi. Lui chiama Bertinotti che  in una  telefonata  comica  gli dice  di non poter  votare  per  Ciampi  se non dice qualcosa  contro la guerra.  D’Alema  lo manda  gentilmente  a  quel  paese.  Prodi  annuncia  che  viene  al vertice  delle 19, poi telefona e dice che non  viene più. Piscitello non  gli dà il permesso. Ferrara mi dice che Letta gli  ha telefonato dicendo: “Basta con la Dc!”. Alla Camera Berlusconi mi prende da parte e mi chiede di fare Amato  ministro  del  Tesoro. Sarà così, gli dico. D’Alema si ingelosisce, per questo e a causa  del fatto che mentre vedeva  il Cavaliere gli era arrivata una telefonata per me nel suo ufficio alla Camera. Veltroni  viene nel  suo ufficio, gli  parla  del  complimento  che gli ho fatto. La giornata  si chiude  in trionfo. Ma la politica quanto è vanesia!

Giovedì, ore 8 e 45. Cuillo mi dice che Veltroni si è incazzato per una ricostruzione apparsa su Repubblica, a proposito del ruolo minore che ha avuto nella vicenda. Cerco di fargli capire che ho la testa altrove.

Ciampi è stato eletto. Giubilo generale. Merito di D’Alema, come tutti sostengono. A colazione ci divertiamo, battute sconsolate su Prodi. Amarezza per Marini. D’Alema non ha dormito per il dispiacere dato al Ppi (e per il piacere fatto a Prodi). Si progetta lo staff di Ciampi (De loanna, Reichlin, Pirani), che invece decide di confermare tutti gli uomini di Scalfaro. Anche se per una fase. Dopo Gifuni ci sarà De loanna.

***

Dopo l’elezione di Ciampi siamo un po’ tutti stanchi. Bisogna ridefinire la prospettiva strategica e politica dell’alleanza di centro-sinistra. Nel fine settimana domina lo scontro D’Alema-Prodi. Si vedono a palazzo Chigi e dopo venticinque minuti di dialogo sull’Europa si scazzano sull’ltalia e si lasciano così. Santagata racconta a Latorre dello sconcerto di Prodi appena uscito dall’incontro. Poi sono i giornali a raccontare: Stampa, Repubblica… non dobbiamo ficcarci dentro queste storie. Bisogna stare un gradino più su.

Scrivo su un nuovo computer, che ha pure il carattere euro, che non so ancora usare. D’Alema è tornato dalla Puglia e si lamenta di Cascella. Succede così con tutti i suoi addetti stampa, dopo un po’. Spero che il problema non cresca a dismisura.

Martedì 19 va a Bologna con Veltroni, dopo aver intascato l’ennesimo sì dal Parlamento con abile azione. Un centinaio di scemi fischia. Bisogna far finire la guerra. Bisogna fare campagna elettorale, e come? D’Alema comincia ad essere preoccupato del voto. Non è il caso, secondo me.

Hanno ucciso Massimo D’Antona, alle 8 e 30 di stamattina. È terrorismo? Vedremo, ma da qualche giorno vi sono segnali inquietanti: assalti a nostre sedi, etc… bisogna gettare pubblicamente l’allarme, oltre a farlo nelle sedi dovute? Non lo so, c’è da riflettere. Ma la risposta strategica deve essere immediata. Possiamo utilizzare la nostra esperienza in materia. Oddio, speriamo di non doverlo fare. Mi angoscia la prospettiva.

Venerdì  21.  Si discute delle scorte da affidare. Forse la daranno anche a me. Che palle.

Lunedì 24. Ora è il momento di fare il punto. Bisogna cominciare la campagna elettorale, e trovare una  strategia adeguata. Quella di tenere insieme Veltroni e D’Alema non funziona per tanti motivi, il principale dei  quali è la mancanza di volontà dei due (devo dire di Veltroni soprattutto).

Cosa bisogna fare a venti giorni dal voto? Il primo problema è quello della sicurezza e dell’ordine pubblico. Bisogna rendere chiaro che la garanzia di stabilità e di ordine è il voto ai Ds, la non dispersione. Ma bisogna anche rilanciare una piattaforma riformista: siamo messi male tra la riforma della Bindi, quella dei ministeri che non porta subito popolarità, etc…

Calma piatta nei giorni successivi. Il problema è la gestione degli ultimi quindici giorni di campagna elettorale. Martedì a colazione (in appartamento o a Botteghe Oscure? Da noi) ci vediamo con lo staff di Veltroni per una riunione voluta da D’Alema. Temo di essere predestinato a fare il rompicoglioni. Cerchiamo di capire cosa dire. Il punto è come si sfruttano le due “risorse” a disposizione. D’Alema è capo del governo. Deve mantenere il suo profilo istituzionale che è quello che gli dà credibilità, forza, consenso. Veltroni deve fare la campagna elettorale esaltando la stabilità, l’attività di governo, la competizione tra Ds e Fi. Questo è tutto. Quali colpi si possono fare negli ultimi giorni? Naturalmente la pace, prima di tutto. La riforma dei ministeri. Il contratto dei metalmeccanici. Bisogna impedire danni provenienti dal governo (la Bindi), collisioni con i partner di governo e risse nell’alleanza. Ci vuole però un’idea, che al momento non abbiamo. Intanto il punto è dare noi ritmo e temi alla campagna elettorale. Quelli politici non interessano. Bisogna far crescere un clima nel paese e parlare di cose che portino naturalmente a votare Ds. La stabilità è tema fondamentale. La passione e la competenza nel lavoro. Domani Vespa è appuntamento molto importante.

Vespa va bene, nel fine settimana pare che si faccia la pace, io me ne vado a Parigi. Ma domenica notte si interrompe il processo di pace. Ora è lunedì mattina, tra qualche giorno si vota e le prospettive non sono brillanti.

Ultimi giorni di campagna elettorale. Si accavallano sondaggi, preoccupazioni, fantasmi. Nel  pomeriggio  di martedì, alle 18, mentre D’Alema sta dando un’intervista a De Bortoli, arriva la notizia della sospensione dei bombardamenti, quantomeno limitata e non ufficiale. Il percorso di pace va avanti, vedremo meglio. Alle 19 e 30 D’Alema va in sala stampa e diffonde una dichiarazione. Sono un po’ preoccupato. E se fosse eccessiva? Più tardi si chiude il contratto dei metalmeccanici. Un altro passo avanti. Basterà tutto ciò per domenica?

***

Le elezioni sono passate, e sono andate come è noto. Si è trattato di un voto libero. La gente ha votato per l’Europa e per le personalità (Bonino, ma anche Prodi) più legate all’Europa. Se vogliamo essere fiscali il centro-sinistra è davanti al centro-destra. Perché non vuol dire granché? Perché l’interpretazione  corrente è che è finito l’asse D’A!ema-Marini  per le sconfitte dei due partiti. Questo è il punto. Che fare? Rimpasto? Vediamo i dati. Non mi sembra che abbia senso. La base del governo sta in Parlamento, e lì il Ppi ha una caterva di parlamentari che votano e devono continuare a votare, fino alla fine della legislatura. Tuttalpiù bisogna dare ai democratici (a Maccanico, per esempio) le riforme istituzionali. Rilanciare la coalizione sul piano programmatico, ideale, organizzativo, aggregativo, organigrammatico. Può farlo da qui Minniti, dato che né D’Alema (non può), né Veltroni (non sa) non lo faranno.

Tutti i problemi finiscono a Botteghe Oscure. Nel senso che non possiamo prescinderne, per organizzare il lavoro da qui ai prossimi due anni.

Il problema è rappresentato dalle persone. Quelle giuste funzionano e vincono, quelle sbagliate no. Fine.

Cuillo mi dice che ieri sera, martedì 15, Zingaretti ha discusso riservatamente con spagnoli e francesi la questione della presidenza dell’Is. Si è avanzata l’ipotesi D’Alema da parte di uno dei due. Fassino rifiuta il posto europeo per la ricostruzione per motivi personali. Potremmo mettere a fare la ricostruzione del Kosovo la Bonino. Inoltre Fassino propone Bemabé per fargli dirigere la task-force tecnica per la ricostruzione.

Lunedì  21 se ne va  Bassolino.  Nel  governo  entrano Maccanico  e  Salvi. Bassolino  gestisce  alla perfezione  la  sua  uscita, e se la prende con me sulla Repubblica. È bravo, non c’è dubbio. I giornali di martedì sono brutti . Non  appena  entra  in scena il Pds, sono dolori. I giornalisti fanno festa. Ieri poi c’è stata una uscita infelice di Prodi sull’Euro, e  invece  di prendersela con lui, hanno scritto dell’eterno duello tra D’Alema e Prodi, a causa dell’intervento  altrettanto  infelice  di D’Alema  alla  direzione  dei Ds.

Ho proposto per ottobre la giornata nazionale del centro-sinistra , con elezione di organismi e quantaltro. Vedremo come organizzarla.

Siamo andati in Sudamerica, abbiamo perso le elezioni a Bologna, ci siamo fatti mettere sotto sulle pensioni. Dopo qualche dichiarazione fatta a Minzolini e Gentili sono di nuovo nell’occhio del ciclone. Da Botteghe Oscure mi danno addosso. Siamo alle solite, e io sono in crisi come sempre. Tutti pensano che i miei piani siano mefistofelici, in realtà sono un mix di ingenuità e costruzioni astratte.

Si può pensare, invece che a cose clamorose e ripetitive (me ne vado, dove, perché? Diventerei solo ridicolo) a definire meglio il mio lavoro qui? Per esempio si potrebbe lavorare ad un incarico sulla comunicazione. Quali garanzie ci vorrebbero perché funzioni?

L’offensiva di Veltroni è stata un buco nell’acqua. Ci ha fatto una figura di merda, e io ho ricevuto molta solidarietà.

Si può pensare di scrivere qualcosa sul partito? Ce ne sarebbe bisogno. I terni: partito di governo, che cioè collabora, sostiene, stimola il governo. Partito che forma classi dirigenti, questione fondamentale. Partito e istituzioni. Si può o si deve surrogare una riforma che non arriva.

Guai. L’Asino non vuole fare il vertice del 16 per il rilancio del centro-sinistra. Il dibattito parlamentare è stanco, i giornali non sono buoni, vi sono ondate di scioperi nei trasporti, al Policlinico scoppia un’epidemia  tra  i  neonati. Bisogna preparare un Costanzo (sui pensionati?) e approntare uno staff con i controcoglioni sulla comunicazione. I problemi del governo sono questi.

Comunicazione. I problemi sono i seguenti: 1) comunicare bene le cose che il governo fa. Evitare che le cose si sappiano prima, con annunci senza  senso e che non hanno seguito. Ci vuole  un monitoraggio attento e costante su quello che esce sui giornali e sulle Tv. 2) fare un piano di propaganda e comunicazione che preveda spot istituzionali meglio fatti e altro. Cosa? Verificare quello che si può fare. 3) lavorare con uno studio. Ha senso? lo penso di sì.

Quale è la cabina di regia del governo? Dove è che si sa l’andamento dei provvedimenti , quelli che camminano e quelli che non camminano, si riesce a programmare qualcosa?

Va ripresa l’iniziativa che pensava D’Alema dei parlamentari del centro-sinistra? Pare che l’incontro del 16 non si faccia più, o si faccia a settembre. È pensabile che si aspetti fino ad allora? Ma se si mettono insieme i parlamentari del centro­ sinistra questa non è un’iniziativa disperata, senza ritorno? Quelli che non ci stanno, sono fuori della maggioranza?

Sto per andare in vacanza. La situazione è del tutto surreale. C’è una specie di crisi virtuale, tutti contro tutti i partiti del centro-sinistra, fibrillazione assoluta. E noi siamo come paralizzati, continuiamo a governare facendo finta di niente. II bello è che – forse – nulla accadrà e si andrà avanti così. Con due possibili esiti: il disastro, oppure il successo dell’operazione narcotizzante di D’Alema.

Ho scritto una lettera a Bassolino per mettere lo stop alle polemiche vere e false tra noi.

Ecco, qui il diario si interrompe. Non ricordo neppure perché. Penso per la mia classica incostanza, o perché mi pareva che non servisse a niente. Nel 1999 non sapevo che 14 anni dopo avrei aperto un blog su cui pubblicarlo.