Tra le buone notizie di giornata poco valorizzate, va segnalata – uso le parole del Foglio – “l’uscita di scena conveniente, dignitosa e rispettabile del CNEL”, il supremo tra gli Ente Inutili che Renzi scioglierà nei tempi necessari ad legge costituzionale, ma che, nel frattempo, sia sta convenientemente autospegnendo.
Aspettiamo analogo virtuoso percorso per la Svimez, che ogni anno ci propina il suo Rapporto sul Sud, con annessi alti moniti e lacrime di circostanza. Pil negativo per il settimo anno consecutivo, divario con il Nord ai livelli del 2000, il 62% dei meridionali guadagna meno di 12mila euro all’anno, e via lamentandosi. Come potete vedere dall’agile comunicato stampa, nulla che dica minimamente che cosa bisognerebbe fare perché il nostro Sud si riprenda e trovi la strada dello sviluppo.
Io una prima idea ce l’avrei. Scioglierei domani mattina, per decreto, la Svimez. Perché è scandaloso che un istituto di ricerca da noi cittadini finanziato, in cui siedono molte persone di valore (compresi diversi amici che mi toglieranno il saluto), non indichi una via da seguire. Elencare al microscopio i dati del Sud non serve a niente, basta e avanza la realtà che si manifesta ogni giorno sotto i nostri occhi. Il problema è offrire e trovare soluzioni. Possibilmente nuove, visto che le vecchie – come dire – non hanno funzionato granché.
Per fare un solo esempio macroscopico, la Svimez – invece di limitarsi a dire che nelle aree cosiddette Convergenza le cose sono andate meglio altrove che da noi – avrebbe potuto più utilmente diffondersi sulle ragioni di questi divari regionali in Europa. Per esempio approfondendo nel dettaglio il mancato uso dei Fondi europei (12 mld buttati al vento solo tra il 2007 e il 2013), o l’uso osceno dei soldi restanti, che da decenni servono per finanziare il consenso alla politica meridionale.
Di tutto questo i nostri cervelloni non fanno cenno. Domani – potete scommetterci – leggerete sui giornali gli inutili dati del Rapporto, corredati da titoli afflitti e commenti strumentali dei politici, che se la prenderanno con l’assenza di interesse del governo, la mancanza di scelte strutturali, di investimenti pubblici e tutti i soliti bla bla.
Nessuno vi dirà che la ragione di fondo del deperimento del Mezzogiorno non sta nella mancanza di risorse o di politiche statali, ma nel suo contrario. E cioè nell’uso pluridecennale dei denari pubblici come pura e semplice droga. I soldi nel Sud arrivano, vengono distribuiti nelle forme più schifosamente assistenziali e clientelari, impediscono la nascita di mercati, disabituano la gente al rischio di impresa, alla fatica e al gusto del lavoro.
Il Sud avrà qualche motivo di speranza solo se si libererà di questa droga. Ci vorrà tempo, ci vorranno scelte dolorose e nuove classi dirigenti. Ci vorrà una nuova cultura, meno petulante e querula di quella Svimez, che segna la gran parte del cosiddetto “meridionalismo” (tra le sciagure, una delle principali che affliggono il Sud).