Il 5 marzo sono stato tra i primissimi a sostenere: ora facciano un bel governo insieme, Lega e Cinquestelle. La vittoria di Salvini e Di Maio era pompata a mille dal circuito mediatico (e non parliamo dello scoramento dei perdenti), anche io pensavo diligentemente che si dovesse prendere sul serio la volontà degli italiani, le somiglianze tra i due vincitori mi sembravano indiscutibili. Tutto plausibile. Ma diciamo la verità vera: la mia era la reazione piccata, stizzita e impolitica dello sconfitto. Uno sconfitto del genere peggiore: quello che dopo la disfatta continua a pensare di aver subito un insopportabile torto, che i vincitori hanno ingannato il popolo, che il tempo farà giustizia della vergogna, che ora li mettiamo alla prova e ne vedremo delle belle, e via con altre mille di queste sciocchezze. A partire da quella principale: da questo momento andiamo all’opposizione e gli facciamo vedere i sorci verdi a questi zulu della democrazia, ci rigeneriamo, loro falliscono e noi torniamo a comandare, più forti e belli che pria.
Ho capito piuttosto presto che queste erano stronzate: di tutto mi si può accusare, tranne che di non essere sufficientemente freddo (e di non cambiare facilmente idea, cosa che rivendico con orgoglio). Infatti ho rapidamente elaborato il lutto e, provando a vedere l’accaduto con lucidità, mi sono detto:
a) Cinquestelle e Lega hanno vinto (compatibilmente con il voto proporzionale), ma non è bene lasciare il paese nelle loro mani. Siamo pur sempre un grande paese industriale, una potenza regionale di un certo rilievo. Se a difendere il sistema non ci pensano i cosiddetti poteri forti (i banchieri e gli imprenditori che hanno scientificamente promosso i Cinquestelle per poter continuare a comandare loro) ancora una volta dovrà metterci una pezza la povera politica. Trovando l’equilibrio necessario tra il rinnovamento chiesto a gran voce dagli elettori e le garanzie che l’Italia deve assicurare ai nostri alleati internazionali, ai mercati e al buonsenso;
b) hanno vinto loro, d’accordo, ma non è giusto che la stagione delle riforme avviate dai governi Renzi e Gentiloni venga archiviata con ignominia. Quindi – potendo – bisogna fare in modo che, nel governo, vi sia un presidio riformista, qualcuno che difenda le cose buone fatte e impedisca che si avvii un gigantesco pogrom per distruggere ogni segno del recente passato. Cosa che i vincitori farebbero se avessero campo libero.
Il passare dei giorni ha rafforzato e rafforza sempre più queste mie convinzioni. Ormai si può dire che i vincitori hanno avuto loro stessi un po’ di paura a fare da soli. Dopo il voto il patto Di Maio-Salvini ha funzionato (è sempre così…) per spartirsi qualche posto ma – anche grazie all’ostacolo-feticcio Berlusconi che ha tolto a tutti le castagne dal fuoco – oltre non è andato. E ora i due sono costretti a concentrarsi su loro stessi: Salvini lavorando su tempi più lunghi per conquistare il centrodestra, Di Maio battendo i pugni sul tavolo nei prossimi giorni per non perdere la propria leadership. E così in campo tornerà pienamente il Pd. Che si è tirato fuori in prima battuta, aspettando il cadavere dell’accordo tra estreme sulla sponda del fiume. E, finito il tempo dei preincarichi e delle esplorazioni, potrà passare all’incasso (la dico grossa: dopo il 4 marzo si sono mossi con intelligenza, i poveri piddini).
Naturalmente il Pd non potrà spendersi per fare un governo con il centrodestra: sarebbe un enorme regalo ai Cinquestelle. Con i quali, invece, potrà andare al governo con l’esplicito obiettivo di fare pesare le ragioni del riformismo. Di quello realizzato nello scorso quinquennio e di quello da realizzare. Senza abiure, giusto con qualche correzione (non demagogica), il Pd potrà rimanere riferimento per chi pensa che il paese vada modernizzato, potrà diventare una bella spina nel fianco per i grillini e contrastare quotidianamente ogni deriva populista, protezionista, sovranista. Con successo? Si vedrà. In ogni caso tentando. Non sbraitando inutilmente dall’opposizione, ma cercando di fare cose buone al governo. Se sarà possibile, naturalmente. Altrimenti tutti a casa.
E’ una prospettiva che ogni riformista sconfitto il 4 marzo dovrebbe assaporare con interesse, con piacere e con un po’ di cattiveria. Un po’ più di fiducia in se stessi e nei propri mezzi: di questo oggi hanno bisogno i riformisti. E’ una questione di autostima, amici cari.
È un esercizio molto difficile. I 5$ (uso il simbolo $ al posto della S con allusione ai soldi delle pubblicità sulla rete di cui non si sa il beneficiario). I 5$, dicevo, non sono persone normali, sono come gli scorpioni, si ammazzano, per puro, irrazionale, spirito di autocelebrazione, non fanno bene e non faranno bene all’Italia. Ciò non toglie che siamo costretti a tentare di salvare questo nostro paese. Mi agurerei che il tentativo riuscisse, anche se il merito verrebbe usurpato dai 5$. Ci rifaremo. Sono CERTO! IN
Non so, stavolta non mi convince, per quanta stima abbia delle sue opinioni. Le ragioni che porta sono “ragionevoli”, ma ne dimentica altre. per esempio che un governo PD-M5S avrebbe numeri risicati, e basterebbe qualche mal di pancia, di qua o di là, per farlo cadere. Per esempio, che il PD sarebbe il socio di minoranza, e che su qualsiasi cosa non fosse d’accordo con i “vincitori”, avrebbe la sola scelta di accettarla o far cadere il governo (attirando tutti gli attacchi senza quartiere degli hater al soldo dell srl). Dimentica anche che il M5S non è un partito normale, col quale si possono avere divergenze ma anche punti in comune, e col quale si possono fare accordi; è un partito che non ha alcun rapporto con la democrazia, non solo interna, che non ne riconosce le regole (infatti parla di democrazia diretta e vincolo di mandato), che ha fatto incetta di tutte le cariche parlamentari in accordo con altri (come potrebbe il PD accettare di stare in un governo senza avere nemmeno un Questore alle Camere?). Al contrario di lei, più il tempo passa, e più mi sembra che ormai i “vincitori” siano andati troppo oltre, e che un governo PD-M5S si allontani sempre di più. Ma forse è solo un mio desiderio.
Non sono assolutamente d’accordo! Qualunque cosa buona un siffatto Governo potesse realizzare, verrebbe intestata ai 5*, le cose poco gradite al PD.
Ciò detto guardiamo le cose con obiettivo distacco: il PD è morto, attualmente serve solo a dare una poltrona agli eletti che, giustamente, se la terranno per quanto durerà la Legislatura. Un accordo con i 5* non farebbe che accelerare la dissoluzione di quello che rimane del PD, anche perché è che cosa che sarebbe vista mooooolto male dall’elettorato, e non sarebbe pagante in termini elettorali.
Io spero in un nuovo soggetto sullo stile di En Marche, ma per fare ciò ritengo importante non mischiarsi con 5* et consimilia, non cercando alibi del tipo “ce lo chiede Mattarella”, oppure “lo facciamo per l’Italia”.
E volendo guardare in faccia la realtà, nell’attuale PD c’è una crisi di leadership che fa venire le lacrime agli occhi, nessuno di quelli che si propongono come segretari mi farebbero venire voglia di fare anche un solo minuto di fila per le primarie!
Il dilemma c’è: facciamo governare quelli che distruggerebbero tutto o ci rimettiamo in gioco sparigliando i populisti e rendiamo un servizio alla nazione facendo da balie ai nuovi barbari? Nella storia gli esempi non mancano e le rivoluzioni all’italiana neppure, con i presunti rivoluzionari che, una volta al potere, al posto della ghigliottina usano il manuale Cencelli. Del resto la frase “cambiare tutto perché nulla cambi” descrive molto bene il carattere cinico degli italiani. Ma per fare un accordo, come non si devono considerare gli aspetti personali o culturali (anche se contano moltissimo perché la politica la fanno le persone), anche considerando solo gli aspetti politici ritengo che un accordo con il M5S non si possa fare.
Non vedo nulla di più antitetico tra un partito nelle forme tradizionali e storiche come il partito democratico, dove l’aggettivo è la sostanza della sua esistenza ed una formazione come il M5S che non ha nulla del partito e, sopratutto, non ha nulla di democratico. Fare un accordo col M5S rappresenterebbe la morte culturale prima che politica del PD. Ora, vogliamo la morte del PD o, meglio, cosa vale il sacrificio del PD che porti alla sua sparizione? Ed ancora, un sacrificio del genere sarebbe compreso? Un sacrificio del genere sarebbe un bene per l’Italia?
Io a tutte queste domande ho la risposta ed è NO perché non metto in vendita l’idea di democrazia perché sono convinto che la democrazia è il faro della civiltà occidentale di cui avremo sempre bisogno.
Non ha insegnato niente Berlusconi che dopo aver firmato il “contratto con gli italiani”, impossibile da realizzare, continuava a dare la colpa a Fini o a Casini che non lo lasciavano governare? secondo me il P D farebbe la fine dei partiti dei suddetti.
Non sono del PD anzi faccio parte dei simpatizzanti 5s quindi rappresento un punto di osservazione molto diverso rispetto a quelli dall’interno rispetto alla situazione del PD.
Io penso che se il PD non fosse disponibile a governare con i 5s
e se Salvini e’ impossibilitato a mollare B si andra’ a nuove elezioni.
Dal punto di vista del PD questa opzione sarebbe di gran lunga la piu’ disastrosa perche’ condannerebbe il partito alla completa irrilevanza.
Le elezioni saranno un ballottaggio Salvini Di Maio e si sa cosa succede nei ballottaggi. Mezzo PD verrebbe assorbito dai 5s.
In questo momento il PD, nonostante la disfatta elettorale mantiene ancora un potere politico che puo’ ancora essere decisivo per le sorti del paese.
Non accettare questa opportunita’ secondo me sarebbe una decisione sbagliata e masochista.
Dal nostro punto di vista, se ragionassimo in modo freddo ed egoistico, converrebbe sicuramente andare a nuove elezioni per poter godere di una maggiore liberta’ di azione.
Personalmente non sono per niente entusiasta di un governo 5s PD. Debole nei numeri e con un PD diviso e pieno di renziani pronti a pugnalare alle spalle.
Stai sereno.
Mangia tranquillo.
No te preocupe.
Keep calm.
Akuna matata.
…
Dopo 45 giorni di tattiche e tatticismi vari, siamo arrivati ad un primo vero collo di bottiglia. Di Maio inizia a perdere un po’ di quella sicurezza infantile che ha caratterizzato i suoi ultimi mesi: il capo politico (ma chi gli crede), il premier (de che), la lista dei ministri preconfezionati (na barzelletta), l’esperto Giacinto della Cananea (ma che è na macchietta? come Catello Vitiello?). Insomma col passare del tempo la bolla 5s inizia a deformarsi. Il tempo della politica fa il suo corso.
IIl nocciolo del post mi sembra si possa condensare in due punti. Il PD farebbe da moderatore/garante. Il PD è in grado di farlo. Rispetto al primo punto, non so quanto i grilllini siano moderabili. Per quale ragione dovrebbero essere “moderabili” ora, quando in passato, hanno volutamente scelto di far cadere ogni occasione, anche per loro vantaggiosa, di moderazione? Credo si possa aggiungere: moderabili rispetto a cosa? Senza un vero programma, o un gruppo sociale di riferimento, o almeno una qualche stabile linea di condotta, se non quella della raccolta omnicomprensiva di ogni forma di malcontento, nell’oscurità quasi tenebrosa di non sapere chi tira la fila, non sono molti i possibili approcci per “moderarli” o convincerli. Il potere di “persuasione” del PD sarebbe, credo, solo quello di far cadere un eventuale governo a due con il rischio di nuovo voto, che forse non porterebbe i grillini al 51% ma sarebbe certamente estremamente critico per un PD ” moderatore” (no a sforamenti di bilancio , no a leggi troppo demagogiche , ecc), facile bersaglio di ogni accusa di insuccesso reale o presunto. D’altro canto è il PD sufficientemente compatto per tenere una sua posizione in momenti decisivi? Tale necessità si presenterà inevitabilmente, anche nell’ipotesi di rapporto funzionante. Allora, il rischio, forse la certezza, è che il PD non possa garantire niente e nessuno, e che, come già accade, si sfaldi piuttosto in sofisticate o meschine ipotesi di ulteriori scenari. Se il PD non può, ora, fare un qualche bene al paese, è forse opportuno che provi, almeno, se ci riesce, a ritrovare compattezza e prospettive, e ad uscire dall’atolesionismo di sempre. Forse ciò è più fattibile lontano dal governo. Comunque, di una scelta siffatta, il paese non ne soffrirebbe oggi. E forse ne avrebbe dei vantaggi domani.
Mi sa che c’hai ragione Claudio
Parecchi specchi a casa, mi sembra. Fa quasi paura a leggersi, penoso esercizio di giravolta.