Altro che attese febbrili e countdown da qui al 4 maggio. Da domani potrò tornare a correre. Lo stabilisce l’art.6 dell’ordinanza regionale n.39 del 25/04/2020. Potrò farlo tra le 6.30 e le 8.30 o tra le 19 e le 22, in prossimità della mia abitazione (concetto sempre vago…), con obbligo di distanziamento di almeno due metri e vari altri comandamenti di difficile decrittazione. Compreso un “ove compatibile” con “l’uso obbligatorio della mascherina”, di cui ieri sera ho discusso simpaticamente con un decisore campano, per capirne proprio il significato letterale. E sempre ricordando che la settimana di libertà concessa da domani al 3 maggio sarà sperimentale. Se ci comportiamo male, di nuovo a casa.
Quindi noi runners ripartiamo prima degli altri. E’ un piccolo gesto di riconciliazione del rude De Luca (ma vedo anche di altri governatori) verso una categoria vilipesa e angariata in queste settimane, in cui abbiamo visto pacifici corridori braccati da droni come fossero criminali, inseguiti sulle spiagge da poliziotti trafelati, insultati – la cosa più triste – da zelanti cittadini come i più pericolosi degli untori.
Direte che ci sono questioni infinitamente più serie cui badare, e forse è vero. Ma, siccome libertà e civiltà delle norme e dei comportamenti non si misurano a chili ma per qualità e buon senso, devo dire che l’accanimento nei confronti dei runners mi è sembrato, oltre che immotivato nella sua radicalità, anche tristemente emblematico di una sorta di pensiero unico dell’emergenza che a me non piace affatto.
Non discuto il lockdown in sé, ma il bombardamento comunicativo terroristico che lo ha accompagnato, voluto e fomentato da inflessibili decisori che hanno scatenato le forze dell’ordine nella caccia all’uomo, con l’obiettivo evidente di scaricare sui reprobi le eventuali responsabilità di permanenza o recrudescenza del virus. Un gioco cinico che ha terrorizzato i cittadini, mentre i medesimi decisori non sapevano che pesci prendere sui fronti veri della battaglia: mascherine, test, tracciamenti, ricostruzione.
Ora stiamo per uscire da questa fase di emergenza sanitaria ma anche di compressione – a volte ottusa – delle libertà. Io da domani, correndo, tornerò a respirarne un po’. Ma il problema non è mio. Tutti dobbiamo poter vivere, praticare e gestire con maturità la libertà, anche nelle emergenze più gravi. E i decisori devono aiutarci ad essere sempre più consapevolmente liberi, senza farci giocare a guardie e ladri.