Ieri ho visto in rete la conferenza-stampa di Conte, e ho manifestato in un tweet il mio apprezzamento per una esposizione che mi è sembrata sufficientemente chiara e comprensibile. Sono stato bacchettato da un po’ di amici con la fissa del tifo politico, che tendono a valutare le cose sulla base delle loro simpatie. Allora. A me Conte, in generale, non piace. Non amo il suo parlare spesso bizantino, trovo discutibile il suo percorso politico a dir poco ondivago. E la sua indubbia vocazione al continuo rinvio, fino all’indecisionismo come regola, è molto lontana dal mio modo di vedere le cose. Ma ieri, forse per la prima volta dall’inizio dell’emergenza, ha azzeccato l’uscita sul piano comunicativo. Considerate le circostanze.
- Che vuol dire “considerate le circostanze”. Io resto più che critico su questioni di fondo: il sistema Italia non è stato capace di mettere insieme dei dati attendibili su quanto sta succedendo, non ha predisposto un percorso affidabile di tracciamento, test e trattamento della popolazione, finora tutti si sono mossi con la generosa approssimazione che nelle emergenze manifestiamo. Questi ritardi non li recupereremo, se è vero che partiranno dal 4 maggio limitate analisi a campione: ben poca roba. In sostanza abbiamo rinunciato ad una analisi sistemica della pandemia (e non siamo neppure i soli, perché anche altri paesi – Usa, Francia – come vedete si muovono a tentoni).
- Nell’incertezza più o meno generale sulle evoluzioni del Covid-19, la politica (questa è la sua principale responsabilità) ha messo paura al popolo, non lavorando sull’educazione, sulla consapevolezza, ma sul terrore del virus. Generando un consenso generalizzato e coatto, che dà ai decisori margini di manovra per operare nel tempo. Con una strategia?
- Dipende da cosa intendiamo per strategia. Per ora ci si affida alle prudentissime valutazioni della scienza, che è lontana dalla soluzione medica del problema, e alla risposta basica del distanziamento sociale, che dal 4 maggio allenteremo, ma cum grano salis, un poco alla volta, pronti a rinchiuderci nelle case se dovessero esserci recrudescenze. Una scelta empirica, pragmatica, che prevede un fastidioso, a volte arbitrario ma necessario bricolage delle riaperture e dei permessi.
- Certo, vorremmo un’altra strategia. Ci piacerebbe sapere con precisione quando riapriranno le imprese e le scuole, quando partiranno le infrastrutture, che posto avrà l’Italia nel mondo nuovo che si annuncia e tante altre belle cose. Ma questo – amici – non siamo in condizione di saperlo, per come le cose sono messe nel nostro paese. Inutile abbaiare alla luna.
Ecco, tutto ciò considerato, ieri Conte ha dipanato in maniera comprensibile e accettabile questa strategia basic, trovando delle buone chiavi comunicative (inizia la fase di convivenza con il virus; se ami l’Italia mantieni le distanze). Chi si aspettava che desse risposte che il sistema Italia non è strutturalmente in grado di dare, era ed è fuori strada. A chi dirà che queste mie sono valutazioni disincantate o ciniche, rispondo che il cinismo è componente essenziale dell’agire politico. Un’arte che Conte comincia ad apprendere piuttosto bene.