In questi due mesi ho letto poco e saltuariamente. Il mainstream della quarantena politicamente corretta imponeva di farlo, e all’inizio anche io pensavo che avrei fatto scorpacciate di libri arretrati, avrei ripreso recherche e ulissi, guerre e paci e qualche filotto di autori preferiti, avrei capito tutto delle pandemie attingendo a copiose bibliografie di storia, scienza e geopolitica.
Niente di tutto questo. Salvo alcune letture che mi hanno preso (Abitare la distanza di Rovatti; Burioni, meglio il libro dei tweet!; Nussbaum, La tradizione cosmopolita; e poco altro) il tempo l’ho passato lavorando, girando vorticosamente in rete e scrivendo post insulsi come questo. Di digressioni “culturose” giusto buone infornate di film e il patetico, saltuario ritorno allo studio del pianoforte con lo sdilinquente Preludio n.4 di Chopin.
Ora che (forse) sta finendo, mi chiedo perché in cattività sto leggendo poco. E trovo due risposte banali e molto concrete. Intanto la pandemia ha reso improvvisamente vecchie e inadeguate le ricostruzioni e le analisi che facciamo del mondo in cui viviamo: per questo, se parliamo di saggistica, ogni volume che prendo nelle mani mi sembra non afferri e non sia in grado di spiegarci quello che sta accadendo. Se poi parliamo di narrativa, non c’è romanzo più incredibile di quello che stiamo vivendo quotidianamente: qualunque racconto mi sembra meno avvincente e incalzante della vita in tempo di pandemia.
Dunque crolla la solfa intellò del libro che aiuta a conquistare spazi di libertà mentale in qualunque condizione, anche quando quella effettiva ti viene tolta? Almeno per me sta andando così. In altre parole, se la vita non può che essere mescolanza – e quindi quella che stiamo facendo non lo è – è il suo pulsare che dà il fiato per leggere, non è la lettura che aiuta a (soprav)vivere. Conclusione del pistolotto sconclusionato: aiutatemi a ricominciare a leggere, fatemi uscire di galera.
Idem. Forse perché la testa è stata costantemente occupata da altri pensieri (preoccupazioni). Ho finito però un libro divertente: La donna da mangiare della Atwood