Agli inizi del 2023 mi chiesi: “moriremo meloniani?”, concludendo che – personalmente – non lo sarei diventato. Non per ragioni pregiudiziali, ma perché non mi sentivo affine al milieu politico e culturale (e anche relazionale…) che circondava la Presidente del Consiglio. A distanza di un anno mi sento di confermare quella valutazione. In 14 mesi il governo che Meloni dirige ha prevalentemente inseguito logiche assistenziali e protezioniste, avallando istanze corporative, distribuendo risorse a pioggia, insomma limitandosi – nella migliore delle ipotesi – a gestire un paese depresso di suo, che avrebbe bisogno di salutari shock e non dello stanco perpetuarsi di un regime di calma piatta.
Ma questo, direi, è il meno: in fondo, tranne momentanee fiammate di vitalità rapidamente stroncate, ormai sono più di 30 anni che i governi italiani si limitano ad accompagnare il triste, temo inesorabile, declino del paese. Dei nuovi governanti è soprattutto la continua rivendicazione di una presunta alterità valoriale a infastidirmi. Perché è posticcia, palesemente fasulla, totalmente ideologica. Racconta ad un pubblico di militanti e aficionados un’Italia che non c’è – e di cui neppure gli stessi membri della costituency di destra sono parte – immersi come siamo tutti, senza distinzione, nel confuso groviglio di cambiamenti vertiginosi cui le nostre primordiali amigdale faticano ad abituarsi. Qui – a mio avviso – c’è la maggiore responsabilità dei vincitori del settembre 2022: invece di accompagnare con saggezza e misura l’inarrestabile e pervasiva evoluzione socioculturale, preferiscono declamare principi fuori dal mondo, gettare allarmi, sollevare polveroni. E solo per mantenere alta la quota di consenso. Cosa che magari accadrà alla prossima scadenza elettorale (europee di giugno). Ma non per questo potrà costituire motivo di vanto, almeno ai miei occhi.
D’altro canto, in questo 2023, agli sbandieramenti ideologici della destra hanno fatto splendidamente da controcanto quelli delle opposizioni, che mettono quotidianamente in campo un concentrato di parole d’ordine astratte, declamatorie e impraticabili, tali da non essere in alcun modo immaginabili come un pacchetto alternativo di governo. Con l’ovvia conseguenza che le irrisolvibili divisioni interne al cosiddetto centro-sinistra, campo largo o non so come definirlo, non fanno altro che allungare all’infinito la vita del governo. Detta nella maniera più rozza: più Schlein e Conte giocano a chi la spara più grossa per competere tra loro, più la Meloni, malgrado le indiscutibili tensioni interne al suo schieramento, continuerà a dormire tra più guanciali.
(Degli altri ex-protagonisti della scena politica non ha senso parlare, mi pare, impegnati come sono a specchiarsi in piccoli narcisismi e conti percentuali di sopravvivenza).
Quindi è tutto fermo? Nulla che possa alimentare speranze per l’anno che verrà? Non lo credo, e non perché ho astrattamente voglia di continuare a definirmi ottimista&razionale. Se andiamo al di là dei tanti rumori che ci circondano e ci opprimono (compresi gli orribili venti di guerra), continuo a pensare che sulle miserie della politica avranno sempre la meglio le strepitose innovazioni tecnologiche e scientifiche cui possiamo accedere ogni giorno di più, e che ci migliorano la vita. Ho fiducia che la più potente leva di apertura e civilizzazione che abbiamo a disposizione, il mercato, continuerà a prevalere su chiusure, protezionismi e corporativismi (piccoli esempi: vedete cosa sta succedendo in questi giorni sulla vicenda balneari? Si cominciano a bandire le gare, malgrado il governo continui a resistere. Oppure – per dire – provate a pensare a cosa accadrà se si farà la Superlega di calcio, agli effetti che avrà sulla creazione di uno spirito europeo, più di quanto non possano fare dieci MES insieme. E così via…). Poca roba, direte. Non è così, secondo me. È che stiamo vivendo – non solo in Italia – il momento più acuto di una brutta alleanza conservatrice tra politica e vecchie constituencies elettorali, concepita ai danni delle future generazioni. Ma ne verremo fuori. Così ha sempre funzionato la storia dell’umanità (e scusate l’enfasi un po’ deterministica), non si vede perché non debba accadere ancora. E buon anno a tutti (ma sì, anche ai pessimisti…)!
Bella nuova