Per chi ha – diciamo – una certa età, la questione del riposo acquista una sua importanza. E il luogo dove si trascorrono le ore dedicate al sonno – generalmente il letto, anche se una poltrona ha il suo perché – è oggetto di discussioni e di controversie. Io di notte sento caldo, mia moglie si copre come se stesse al Polo. Io mi sveglio prestissimo, mia moglie tende a sonnecchiare (e sostiene che la sveglio, ma questa è una maldicenza). È la schiena a metterci d’accordo. Tutti e due preferiamo materassi duri – che dico, durissimi – e cuscini bassi: quando dormiamo in albergo, è la prova del fuoco cui sottoponiamo la camera.
Ora. Qualche settimana fa ho incocciato in TV Bruno Barbieri, che pensavo fosse uno chef, e invece ho scoperto che ormai, forse come attività principale (non voglio offenderlo), fa il recensore di hotel. E si incazza come una bestia se non trova nelle camere l’oggetto di cui sto per parlarvi, e che – ammetto con vergogna – non conoscevo prima. O meglio, non sapevo che fosse un “complemento” da letto (terminologia un po’ Ikea) così fondamentale.
Parliamo del topper, signori. Cioè di un sottile materassino (spessore dai 3/4 ai 7 cm.) realizzato in lattice o (meglio) in memory foam, una schiuma sintetica di poliuretano “a lento ritorno elastico” creata nel laboratori NASA per migliorare i seggiolini spaziali. Una roba (non facciamola troppo lunga) da collocare tra il materasso e il lenzuolo, che serve a “modificare sensibilmente la sensazione del materasso e a fornire un ulteriore sollievo dalla pressione“, spiega Teresa Schnorbach, psicologa e scienziata del sonno. Più banalmente, rende più soffice il materasso troppo duro senza togliere il necessario sostegno alle nostre povere schiene, sofferenti per la sciocchezza, fatta dai nostri progenitori grosso modo 2.5 milioni di anni fa, di conquistare la stazione eretta, invece di restare comodamente sulle quattro zampe.
Così mi sono messo a studiare il “complemento”, superando l’insopportabile gap di conoscenza, ma scoprendo che anche altri ne ignoravano l’esistenza. Dopo alcuni giorni ho cominciato a spacciarmi come un grande esperto, spiegando a destra e a manca che se ne faceva uso anche nell’antico Egitto (non c’era faraone della 18a dinastia – 1550-1295 a.C. – che non usasse topper realizzati con pelli di pecore, capre, cammelli e piume di falco, mentre i poveracci dovevano accontentarsi delle piume di pollo). E a Natale ho comprato per il nostro letto e ho regalato topper in famiglia. Immagino che Barbieri ci starà facendo un sacco di soldi, beato lui. Mia moglie ed io – altrettanto contenti – stiamo dormendo meglio di prima.