Il tema della “natura” di WhatsApp è enorme e ancora poco approfondito: ho cercato in giro, ma non ho trovato elaborazioni o studi particolarmente interessanti o densi, e neppure numerosi, a differenza di quelli che si trovano su altri social come Facebook o Twitter. Eppure, solo a scorrere i dati (Statista, ottobre 2023, non ne ho trovati di più aggiornati), WhatsApp è al terzo posto nel ranking dei social networks più usati al mondo.
Se poi zoomiamo sull’Italia e sulla frequenza d’uso, i dati (non aggiornatissimi, parliamo di gennaio 2023) sono incredibili.
L’89% degli italiani almeno una volta al mese usa WA, contro il 77% di Facebook e via via a scendere. E, passando alle preferenze d’uso, la distanza tra WA e le altre piattaforme si fa abissale.
Ora riflettiamo su una cosa: finora abbiamo parlato di WA come di un “social network”, ma la domanda successiva è: WA è un social network? No, se vogliamo fermarci a una definizione scolastica. WA nasce come un sistema di messaggistica istantanea che mette in collegamento le persone tra loro, consentendo di mantenere l’interazione su un piano totalmente privato. Anche con la nascita delle communities e poi dei canali, su WA l’utente decide con chi interagire, cioè con i suoi contatti, e non con altri, peraltro avendo, a garanzia della privacy, una serie di schermi e filtri.
Malgrado (o forse proprio per) queste caratteristiche, WA è diventato nei fatti un social network di inaudita potenza. Perché permette di allargare e gestire a dismisura le proprie cerchie di amici e contati senza subire l’inarrivabile rottura di coglioni di quelli che infestano la rete (cioè i social networks tradizionali): haters e stalkers di vario conio, curiosoni che non vedono l’ora di inserirsi in una conversazione pur trovandosi fuori contesto, e aggiungiamoci pure quelli (a loro va tutta la mia umana considerazione) che a Facebook si rivolgono magari solo per riempire la loro solitudine.
WA, invece, consente di manutenere, gestire e alimentare utilmente la propria socialità in maniera ottimale: si parli dello scambio tra singoli, o con gruppi ristretti di familiari/amici, di momenti di scambio e di collaborazione con colleghi sul lavoro, della creazione di gruppi su interessi comuni, e così via. Non c’è attività che ci metta in comunicazione con altre persone che non possa essere condivisa attraverso WA. Che è quindi, per dirla in un altro modo, un circuito – fatto di tanti, potenzialmente infiniti circuiti – di cui ognuno di noi riesce ad essere grosso modo padrone. E scusate se è poco, di questi tempi.
(Forse proprio per la sua impareggiabile utilità e bellezza, intorno a WA si sprecano anche le ironie. Personalmente, ogni volta che mi trovo a concludere una riunione di lavoro mi viene spontaneo di dire: “Beh, allora facciamo un gruppo WA per andare avanti più speditamente”, ma non posso fare a meno di aggiungere: “Scusatemi, so che ognuno di noi sta in centomila gruppi…”. È una giustificazione stupida. WA ci ha cambiato la vita, ricordiamocelo sempre).