La fruibilità di un’app

Ieri sera ho fatto, come sempre da smartphone, un biglietto di viaggio per la prossima settimana. E ho percorso il solito, piccolo calvario che si percorre quando si naviga nella app di una azienda italiana che fornisce servizi all’utenza. Percorsi tortuosi per arrivare all’obiettivo (si tratti di ticket, pagamenti di bollette o altro), passaggi superflui e richieste ridondanti, scarsa o assente memorizzazione dei dati personali, persino la partita IVA da reinserire ogni volta da capo, insomma la faticaccia che tutti conoscono.

Perché le app delle nostre aziende che forniscono servizi funzionano così male, sono così poco fruibili e performanti? Le risposte sono diverse, e stamattina non ho il cuore di scavare nelle ragioni di fondo (mentalità burocratica dominante nelle aziende come nello Stato, mancanza di rispetto nei confronti del consumatore/cliente, scadente formazione/professionalità e scarsa creatività degli stessi sviluppatori, etc…).

Mi limito a dire una cosa semplice, qualcosa che tiene insieme la teoria della finestra rotta e quella delle spinte gentili. In sintesi: certo, ci sono da risolvere i grandi problemi dei bilanci che non quadrano, le infrastrutture di rete inadeguate, i buchi delle compagnie aeree, i costi delle bollette, le problematiche del traffico ferroviario e tutto il resto. Ma se – nel frattempo – tutti si ponessero l’obiettivo di sviluppare delle app che non facciano soffrire l’utente, che lo accompagnino verso l’obiettivo in poche mosse, non sarebbe un buon passo avanti?

Le possibili reazioni mi pare già di sentirle: “Ma ti pare il caso di pensare a queste stronzate…“. E invece è il caso, perché non avete idea di quanto le distanze tra consumatori, utenti, cittadini e il cosiddetto “sistema” aumentino per questi motivi banali, per i malfunzionamenti quotidiani, le perdite di tempo che si potrebbero evitare, le piccole rotture di scatole. La vita vera è fatta di queste cose, non dei massimi sistemi.