Vedrò la prima serata di Sanremo fino alle 22.30, poi andrò a dormire, perché i miei ritmi circadiani sono più importanti delle canzoni e dei momenti salienti della serata, che ripescherò domani con calma, dai giornali, in rete, sui social. Come tutte le dirette TV – comprese le partite di calcio – contano gli highlights che consumiamo dopo, non le sterminate perdite di tempo tra un topic e l’altro, omaggi bulimici alla dittatura degli ascolti.
Ma non mi prendete per uno snob. Sanremo è importante. Nelle diverse fasi della sua storia, ha accompagnato la trasformazione dell’Italia fino al dopo-boom, ha vissuto il suo riflusso negli anni ‘80 e poi è rinato, si è progressivamente dilatato, infine ha dilagato, diventando lo specchio fedele del paese e delle sue pulsioni.
Chi lo nega perché preferisce “Perfect Days” a Amadeus, ha tutta la mia simpatia. Ma chi ha a che fare con la cosa pubblica nella sua accezione più ampia – politica, comunicazione, oltre che showbiz – da Sanremo non può prescindere. Non per le canzoni, si capisce, che sono – anche loro – intervalli tra un evento e l’altro, come le pecorelle TV di una volta: più o meno uguali, solo vagamente profilate secondo quei target da raggiungere – vecchietti da tenere incollati allo schermo in memoriam, gggiovani da intercettare, in mezzo i followers della qualunque – che assemblati fanno grosso modo il tutto.
È per questo “tutto” che Sanremo vale. Per il corto circuito politico-mediatico che genera ogni anno di più, per la sua cronometrica sovrapposizione all’agenda del paese reale.
Ecco perché, ai critici e agli esegeti, ai che-palle-Sanremo e a quelli che ci resteranno incollati fino alle 2 di notte e oltre, proporrei una tregua. Da oggi a sabato (e oltre) non si parlerà che del Festival, che verrà ingurgitato, metabolizzato e digerito, in ogni suo aspetto, compresa l’annunciata irruzione dei trattoristi e qualche altra sorpresina che non mancherà. Perché Sanremo è Sanremo. Perché Sanremo è l’Italia. Ma, ancora di più, perché l’Italia è Sanremo: un grande blob che assorbe tutto senza scomporsi mai, e il giorno dopo si risveglia solo in attesa del prossimo Festival.