Alle 11.20 di questo sabato mattina mi ritrovo al computer per lavorare (ho diverse cose di una certa urgenza da fare), ma vengo rapito dalla diretta video dell’assemblea delle minoranze Pd, che seguo per un’ora come risucchiato in una dimensione parallela: guardando immagini antiche, ascoltando parole incomprensibili, cercando di capire quali sono le ragioni che spingono alcune centinaia di persone a riunirsi in un cinema ad applaudire concetti e slogan da cui sono lontano mille miglia.
Ma perché non torno alle mie cose da fare? Naturalmente – intendiamoci – conta molto la mia incommensurabile pigrizia. Sempre, quand’è il momento di lavorare, mi metto in cerca di ogni scusa possibile per non farlo: non tutte le responsabilità, insomma, sono del trio Rossi-Emiliano-Speranza. Però, nel caso, c’è anche qualcosa d’altro. La roba del teatro Vittoria (linguaggi, simbologia, riti) – c’è poco da fare – continua ancora a parlare di me, di un pezzo della mia vita. E’ roba molto distante, nel tempo come nei contenuti, ma finisce per incuriosirmi, malgrado la ritenga esaurita, finita senza appello.
Poi penso ad un bel film (“45 anni”) che mi ero perso e ho visto ieri sera. La storia di una donna scomparsa sulle Alpi, il cui cadavere ghiacciato viene ritrovato dopo cinquanta anni, e turba gli equilibri di una coppia che sta per festeggiare i suoi 45 anni di matrimonio. Una coppia stanca, segnata da una vita ordinaria e piatta: lei – la meravigliosa Charlotte Rampling – controllata e dolente, lui disorientato e smarrito dal riaffioramento del ricordo rimosso della sua donna di un tempo.
Chi ha incrociato nella vita (e anche nella politica) storie importanti e dolorose è comprensibile che faccia fatica a riconoscerne l’esaurimento. Sarà per questo che, in qualche angolo della mia mente, scatta ancora qualche associazione nostalgica quando assisto alle rappresentazioni della vecchia sinistra, o quando mi emoziono alle lacrime vedendo scorrere le immagini dei funerali di Berlinguer.
E’ giusto abbandonarsi a queste pulsioni? Ma sì, non è questo il problema: le vere patologie sono l’abiura o la rimozione delle esperienze fatte nella vita. Il punto, però, è essere in grado di conservare emozioni e ricordi senza farci imprigionare dalla memoria, che è crudele e fallace: perché ricostruisce a suo piacimento il passato, ingabbia il presente, combatte (inutilmente) il futuro. Se non la alleniamo a svolgere sempre una rigorosa funzione critica (e autocritica), la mente può rapidamente congelarci, senza che noi ce ne accorgiamo.
Capisco che è dura da dirselo, ma il cadavere ghiacciato della sinistra evocato stamattina al Vittoria non può risorgere. E non è giusto che il suo fantasma metta piombo nelle ali a chi vuole costruire cose nuove. I militanti che applaudivano stamattina vivano pure con tutta la serenità possibile la loro illusione, lascino il futuro a chi non vuole accontentarsi.
L’ha ribloggato su Tracce e Sentierie ha commentato:
E’ giusto abbandonarsi a queste pulsioni? Ma sì, non è questo il problema: le vere patologie sono l’abiura o la rimozione delle esperienze fatte nella vita. Il punto, però, è essere in grado di conservare emozioni e ricordi senza farci imprigionare dalla memoria, che è crudele e fallace: perché ricostruisce a suo piacimento il passato, ingabbia il presente, combatte (inutilmente) il futuro. Se non la alleniamo a svolgere sempre una rigorosa funzione critica (e autocritica), la mente può rapidamente congelarci, senza che noi ce ne accorgiamo.
Capisco che è dura da dirselo, ma il cadavere ghiacciato della sinistra evocato stamattina al Vittoria non può risorgere. E non è giusto che il suo fantasma metta piombo nelle ali a chi vuole costruire cose nuove. I militanti che applaudivano stamattina vivano pure con tutta la serenità possibile la loro illusione, lascino il futuro a chi non vuole accontentarsi.
Ottimo, acuto e curiosamente emozionante;-)
Condivido del tutto, come sempre. Anche l’accento emotivo, che questa volta può passare. Ma la fine del ragionamento è straordinariamente netta e folgorante nella sua implacabile verità!
E’ giunto il momento di elaborare il lutto e non rimanere imprigionati in un antico sogno distorto che si trasforma in un incubo assurdo e incomprensibile.
Adesso è il momento di andare!
Il futuro non aspetta i ritardatari e i pavidi.
Ora è suonata la campana.
Al teatro Vittoria non stanno suonando le campane per festeggiare una nascita. Ma l’esatto contrario.
Il vero riformismo e una sinistra ambiziosa e attenta a una società aperta prestissimo vedrà la luce…non appena verranno mollate le zavorre!
Credo di non averti mai fatto dei complimenti. Ma questa volta devo fate una eccezione. Il tuo scritto sul ghiacciaio è veramente bello. Forse è il più bello che hai scritto sino ad oggi. BAH, sarà che questo momento lo ricorderemo per un bel pò Ernesto
I toui complimenti mi fanno molto piacere, Erne’