La faccenda è agli onori delle cronache: ieri impazzava in rete, oggi ha conquistato il suo spazio, seppur minore, nei giornali. Pare che Grillo, denunciato dal Pd per qualche tonnellata di contumelie a iscritti ed elettori democratici, si sia difeso con i suoi legali sostenendo di non gestire siti e social che pure, a suo nome, inondano il web.
Non entro nel merito, come si dice: ognuno valuti la querelle come meglio crede. Più interessante è invece capire – andando al di là del rumore provocato tra aficionados, giornalisti, blogger e indignati di varia natura – quanto possano incidere vicende del genere sul piano del consenso alle diverse forze in campo, della distribuzione delle simpatie politiche, dei conseguenti comportamenti elettorali.
La risposta sostanziale è che non ci sono – a mio avviso – collegamenti immediati e diretti. Restando sul caso, lo scontro riguarda due forze politiche pregiudizialmente e violentemente contrapposte. Pur essendo, nella circostanza, la scivolata di Grillo piuttosto marchiana, gli eserciti sono schierati come testuggini: dunque è difficile, molto difficile, che non dico un militante ma un simpatizzante grillino possa prendere le distanze dal suo capo a partire da una simile vicenda, magari convinto e conquistato dagli argomenti piddini (peraltro piuttosto violenti e respingenti). Altrettanto difficile, direi, è che una fascia più ampia di elettori cambi opinione sul M5S. Chi vota Cinquestelle lo fa per mille motivi, il prevalente dei quali è il rigetto di qualunque istanza rappresenti anche lontanamente “il sistema”, non certo perché pensa che Grillo sia uno stinco di santo. Può darsi che alcuni elettori incerti o lontani dai due contendenti possano farsi influenzare da questa come da altre storie simili. Ma è sempre bene ricordare che, quando due eserciti si fronteggiano, la posizione più comoda per chi assiste alla battaglia è mantenersi – saggiamente o opportunisticamente – equidistante.
E’ quindi inutile o sbagliato l’accanimento polemico del Pd, dei suoi dirigenti e militanti, che in queste ore riempiono la rete di tweet, post e commenti tra l’ironico e lo sdegnato contro il capo del M5S? Non è del tutto così. Perché proprio i grillini insegnano che, se è vero che una singola campagna non realizza risultati, il reiterarsi di attacchi (quando effettivamente collegati a scivoloni, errori, scandali veri o finti, etc…) logora l’avversario e, alla lunga, può penalizzarlo. Basta che non ci si nutra di illusioni. Non ci sono spallate o scorciatoie propagandistiche che possano risolvere d’emblée problemi strutturali: gli insediamenti politico-elettorali hanno ragioni più profonde e di lungo periodo. Forse la conclusione più equilibrata è nella vecchia locuzione latina: gutta cavat lapidem.
Il punto è che la questione sembra incarnarsi perfettamente nella virtualità in cui naviga il M5s. Siamo arrivati al paradosso per cui Grillo potrebbe anche essere solo un simbolo virtuale, appunto, un’entità che prescinda dall’identità stessa.
Il tutto si condisce poi in questa attuale dominante “Post-Verità” in cui siamo immersi e che ha affermato come punto primo in agenda setting Grillo stesso facendo si che a rincorrerlo fossero gli altri. E chi rincorre qualcuno, ovviamente, è fisicamente collocato dietro, non avanti, a chi è rincorso.
Su questo piano Grillo ha vinto. Il PD può farcela solo se si smarca e scarta di lato derublicando e ignorando tutto ciò che riguarda Grillo. Se si parla (male) di Grillo allora Grillo esiste. Se non se ne parla improvvisamente potrebbe sparire…
Poniamo e rilanciamo nuove issues. Cambiamo l'”agenda”! E qualcosa accadrà…